Visualizzazione post con etichetta Pesce. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pesce. Mostra tutti i post

lunedì 12 agosto 2013

Chips di mais bianco e paté di baccalà per MY SECRET DINNER


Ingredienti per 4 persone:

400 gr di baccalà pronto da cuocere
la buccia grattugiata di due limoni
mezzo bicchierino di grappa
1 patata media bollita
50 gr di burro
olio extravergine
pepe rosa

500 ml di acqua
110 gr di farina di mais bianco
un pizzico di sale

Immagina una fresca sera d'estate.
Immagina una bellissima piazza, un bellissimo prato o un bellissimo cortile.
Immagina molta gente vestita di bianco e rosso.

E no, non c'entrano né Verdone né gli ultras né i Giapponesi.

Immaginali arrivare alla stessa ora e nello stesso luogo in modo elegante ed educato.
Immaginali portare un cestino di vimini pieno di prelibatezze preparate con amore.
Immaginali portare con nonchalance un tavolo e delle sedie.
E delle candide tovaglie. E delle stoviglie in porcellana. E dei bicchieri di cristallo. E delle posate d'argento. E un cestello per il ghiaccio. E magari pure un candelabro a braccia.
Immaginali mentre si sistemano con ordine e con cura e allestiscono il proprio posto tavola.
Immaginali tutti seduti insieme.
Immaginali mentre cenano, chiacchierano, ridono, si divertono.

Immagina di poter essere lì anche tu e partecipare, a gratis, solamente mandando una mail.
Immagina. Puoi.

Ti ho messo una curiosità scimmiesca e non vedi l'ora di sapere dove si terrà il primo pic-nic in città?? Allora vola sul sito dell'evento.

Hai un foodblog e hai in mente una ricetta che potrebbe essere perfetta per questo evento?
Allora guarda anche il sito della Sarah, perchè c'è un contest perfetto per te.

Vuoi invece uno spunto per una ricetta facile, buona, locale, che si può preparare in anticipo e trasportabile?
Allora rimani qui e continua a leggere.

Per le chips di mais bianco prepara la polenta come da istruzioni (io mischio acqua farina e sale e faccio cuocere per 90 minuti. Ok, non è prettamente estiva ma tanto la dovrai fare a Settembre quando sicuramente farà un gran fresco).
Versala poi su di un foglio di carta da forno, coprila con un altro foglio e stendila a circa 1 mm di spessore.
Falla raffreddare. Leva il foglio superiore e taglia la sfoglia di polenta a triangoli o rettangoli o rombi o cerchi.
Trasferisci la polenta incisa con il suo foglio di carta ancora attaccato su di una teglia e mettila in forno a 200° per circa 20 minuti fino a quando asciugherà e si formeranno le chips.
Falle raffreddare, dividile e conservale in un sacchetto di carta.
Per il patè metti il baccalà in una pentola piena di acqua fredda con qualche foglia di alloro e qualche grano di pepe. Porta a ebollizione e fai cuocere per 10 minuti.
Fai raffreddare, spella e spina il pesce e frullalo insieme agli altri ingredienti fino ad ottenere una sorta di spuma.
Trasferisci in un vasetto e conserva in frigo fino a quando non dovrai uscire di casa per la MY SECRET DINNER. 







venerdì 31 maggio 2013

Un ingrediente per due: l'acciuga


Del corso che ho fatto da poco con la Serena, già lo sapete. 
E se non lo sapete, ma forse lo sapete, sappiatelo (cit.).

E se avete letto i nostri post, saprete anche quanto ci sono piaciuti i piatti che abbiamo assaggiato in tale occasione.
Difatti proprio per questo, in via del tutto eccezionale, questo mese proponiamo entrambe la stessa ricetta.
La scelta è caduta sul risotto di Ugo Alciati perché, tra tutti, è quello che ci ha più colpito favorevolmente per la semplicità degli ingredienti, per la purezza dei sapori e per la rapidità di realizzazione.
E poi perché, insomma, avevamo la scheda dell'acciuga e sto risotto ci cascava a fagiolo.
Ma forse no, forse prima abbiamo scelto la ricetta e poi l'ingrediente.
E' nato prima l'uovo o la gallina?
E se non lo sapete, e forse non lo sapete, non lo saprete mai.

Nel realizzare questo risotto devo ammettere che ho scoperto pure due cose. 
La prima è che finalmente ora risotto (voce del verbo risottare) come Dio comanda (ma come comanda Dio?), la seconda è che ho troppa poca stima di me.
Perché, ora so che non mi crederà nessuno, ma io vi giuro che, potesse cascarmi ora in testa il muro di cartongesso della sala, io il risotto cucinato con sola acqua lo faccio da tempo.
Ma in segreto, senza ammetterlo a nessuno, e solo quando non ho ospiti.
Ma l'ho sempre tenuto ben nascosto perché ho sempre pensato fosse una grandissima eresia.
E invece cos'ho scoperto?? Che a volte fanno così anche i cuochi stellati.
Quanti anni passati inutilmente a star dietro a brodi di carne, di pesce, di verdure e di giuggiole...
Quindi ora, se non lo sapevate, ma forse non lo sapevate, sappiate che sì, il risotto senza brodo SI PUO' FARE!!! (Gobba? Quale gobba?! Lupo ululì, castello ululà)

Ora però leggetevi la scheda sull'acciuga redatta da Comandante Amigo e, dopo questa, la ricetta.

"Ecco, mi ritrovo a preparare la scheda sulle acciughe senza minimamente sapere cosa vi devo raccontare! Durante i miei studi, l’argomento che più si è avvicinato alle acciughe, è stata una lezione di botanica sistematica su un’alga marina da cui si ricava l’agar agar!

Comunque non è vero che non so proprio nulla sulle acciughe o alici che dir si voglia: qualcosa so (poco) e qualcosa trovo (grazie a wikipedia). L’acciuga, il cui nome scientifico è Engraulis encrasicolus (facile no?), è un pesce che definiamo pesce azzurro. Il pesce azzurro è quello di piccola pezzatura il cui costo è generalmente ridotto per la grande quantità di pescato e si caratterizza anche per una colorazione dorsale tendente spesso al blu, in qualche caso verde e da colorazione ventrale argentea. L’acciuga è una specie pelagica, cioè vive in mare aperto e in profondità tranne che nel periodo di riproduzione (la primavera) quando si avvicina alle coste e risale in superficie. È proprio durante questo periodo che le acciughe vengono facilmente pescate e che ancora più facilmente possono raggiungere le nostre tavole!

Ora che le mie conoscenze sono pressoché terminate e non trovando assolutamente giusto continuare a “scopiazzare” qua e la, posso raccontarvi alcuni aneddoti che comunque riguardano le acciughe.

Le acciughe, se non lo sapete, ma forse lo sapete, fanno il pallone: “Le acciughe fanno il pallone, che sotto c'è l'alalunga, se non butti la rete non te ne lascia una” così cantava De André raccontando di come le acciughe cercano di salvarsi la pelle dall’attacco del tonno alalunga finendo tra le reti dei pescatori…

Le acciughe, se non lo sapete, ma sicuramente lo sapete, sono fra gli alimenti preferiti di sereincucina: un bel panino col burro e le acciughe, le acciughe marinate, la pizza sardenaira o pissalandrea, le acciughe fritte o al forno… per lei non c’è modo in cui non possano essere consumate!

Le acciughe, se non lo sapete, e di certo non lo sapete, sono state per anni un simpatico nomignolo di un nostro amico: anni fa, quando questo nostro amico era più in carne, durante una cena a casa di altri amici alla vista di un vasetto di acciughe, colto da una fame improvvisa, urlò “acciughe acciughe!” e da allora il grido “acciughe acciughe!” lo ha accompagnato sostituendosi ogni tanto al suo vero soprannome, che è sempre un pesce: besugo (ma in questo caso dovuto all’allora somiglianza fisica col besugo televisivo!).

Dopo queste tre simpatiche e alquanto inutili informazioni vorrei citarvi una storia che mi ha sempre affascinato: quella degli acciugai della Valle Maira.

La Valle Maira, una delle valli occitane italiane, si trova in provincia di Cuneo ed è a mio avviso una della valli più belle di tutto il nord-ovest. Durante i tempi che furono, la vita in questa valle alpina, come in tante altre valli, era assai difficile soprattutto in inverno quando la neve cadeva abbondante e rendeva impossibile qualsiasi attività. Gli abitanti di questa valle, per lo più ragazzotti, terminati i lavori estivi scendevano verso la riviera ligure e francese a cercar di fare qualche altro lavoro che permettesse loro di sopravvivere.

Come nasce la storia degli acciugai non è sicura… la più accreditata narra che qualche commerciante di sale, per non dover pagare il dazio su quello che allora era un prezioso bene, avesse coperto dei barili pieni di sale con delle acciughe e che avesse poi scoperto che l’acciuga ed il sale bene si accostavano e che la vendita del nuovo prodotto poteva rendere di più che la vendita del sale e che tale attività era anche meno rischiosa…

Quale che sia l’origine sta di fatto che gli acciugai della Valle Maira si rifornivano di acciughe sotto sale nei porti della Liguria e poi erravano per la pianura piemontese e lombarda, di cascina in cascina, alla ricerca di compratori… era un lavoro assai duro ed infatti solo pochi stoici hanno continuato questa attività fino ai giorni nostri. Io vorrei ringraziare tutti coloro i quali hanno intrapreso questo lavoro, perché grazie alla loro faticosa attività hanno reso possibile la nascita di una delle pietanze chi più mi piace: la bagna caoda! Forse non tutti voi sapete di cosa si tratta, ma questa è un’altra storia e probabilmente un’altra ricetta cha magari serincucina ci proporrà in futuro!

Per approfondire la conoscenza dell’acciuga consultate wikipedia J e per approfondire la storia degli acciugai della Valle Maira potete andare a visitare i seguenti siti internet: http://www.fieradegliacciugai.it/ e http://www.confraternitadegliacciugai.it/."

E ora qui di seguito la mia ricetta e qui invece quella di Serena:

Risotto acciughe e ricotta di Ugo Alciati (la ricetta, non la ricotta)

Ingredienti per 4 persone:

280 gr di riso
50 gr di parmigiano reggiano
20 gr di burro per la tostatura
20 gr di burro per la mantecatura
120 gr di ricotta fresca
5 alici sott'olio lavate e leggermente battute al coltello (io ne ho messa qualcuna in più)
2 alicette fresche crude

Tostate per un paio di minuti il riso in una pentola con il burro quindi iniziate ad aggiungere poca acqua bollente leggerissimamente salata alla volta.
A fine cottura mantecate con il restante burro, il parmigiano grattugiato e le alici battute.
Mescolate la ricotta con un pizzico di sale (e pepe?? ci andava?? io un pizzico l'ho messo) e sbattetela per renderla un po' cremosa.
Disponetene un cucchiaio nel fondo dei piatti, coprite con il riso e decorate con mezza alice, ricordandovi di togliere la coda.
Non come ho fatto io. 
Che l'ho dimenticata.
Che chi ha visto Masterchef sa benissimo che tutto quello che si mette nel piatto deve essere edibile e non decorativo come negli anni '80.
Perchè Bastianich, sappiatelo, il risotto con coda di alice, non lo darebbe manco a suo cane!!!

***

PS vi ricordo che a Milano è in corso il Taste of Milano (se fosse stato il Taste of London ci sarebbe stato qualcosa di strano) che durerà fino a domenica.
Io andrò là stasera! Sappiatelo!



domenica 9 settembre 2012

Provati per voi: gamberi della Louisiana


Ingredienti per quattro persone:
350 gr di spaghetti alla chitarra
1 kg di gamberi
mezza carota
mezza cipolla
qualche gambo di prezzemolo
mezzo bicchiere di vino bianco
un peperoncino
uno spicchio d'aglio
olio extravergine
sale e pepe

Finalmente dopo tanto sono tornata in uno dei miei posti preferiti: l'Ikea.
E le risposte sono sì e no. Sì, è' vero che basta poco per rendermi felice e no, il Signor Ikea non mi sponsorizza.
Che ciula. Sono l'unica blogger che fa pubblicità a gratis. 
Però se per caso il suddetto Signore mi stesse leggendo e per compassione volesse mandarmi a casa una cascata di brugole d'oro le accetterei volentieri. Ma anche delle viti d'argento andrebbero bene, non stia a farsi problemi.
Comunque, dopo aver fatto il mio solito giro per l'esposizione superiore ed essermi innamorata di svariati nuovi arredi originalissimi, che di originale non hanno più niente quando penso che sono stati prodotti in 89485948590485945oni di pezzi, mi sono fatta violenza e sono riuscita a oltrepassare le casse con solo una ciotola d'acciaio e un thermos.
Mi sono mangiata un hot dog, ringraziando di averlo potuto comprare già fatto e per non essermi trovata davanti un maiale, un sacco di farina e delle istruzioni, cosa che per altro prima o poi mi aspetto, e ho fatto il giro di rito alla bottega alimentare.
E lì, in mezzo a tutto il resto, li ho visti. Ed è stato colpo di fulmine. O colpo di testa.
Perchè comprare dei gamberi della Louisiana, venduti come gamberi cinesi, in un negozio di mobili svedese forse non è proprio saggio.
Tra l'altro sulla confezione non c'è nemmeno indicata la zona precisa di provenienza, nè se sono stati pescati o allevati.
Ma per una volta ho preferito non pensarci.
Uscita con sottobraccio il mio bel chilo di gamberi surgelati in salamoia di acqua e aneto, mi sono diretta verso casa.
Saranno stati i 30 gradi, sarà stata la confezione chiusa col culo, fatto sta che un ruscello di brodo ha iniziato a colare dalla confezione.
E com'era prevedibile io non avevo niente per arginare i danni, se non i tappetini dell'auto.
Il tempo di arrivare a casa e sembrava avessi in macchina un nuovo arbre magique.
Ora devo solo sperare di non venire assalita dai gatti ogni volta che esco.
Poi ho iniziato a documentarmi sulle bestie acquistate, perchè io mica sapevo esattamente cosa fossero.
A quanto pare questo gran bastardone del gambero d'acqua dolce della Louisiana, che pare un'aragosta in miniatura, è un potente predatore che ha un'elevatissima capacità di riproduzione e un forte spirito di adattamento e che tende a magnarsi tutto quello che che gli sta intorno, animale o vegetale che sia, rischiando pure di distruggere l'ecosistema che lo circonda. 
E mica per niente viene chiamato gambero killer. 
Ma proprio per queste caratteristiche che ne rendono semplice l'allevamento, ovviamente è stato importato dai più furbi in tutti i modi, in tutti i luoghi in tutti i laghi in tutto il mondo. 
E l'universo ora lo insegue ma lui ormai è irraggiungibile. 

Il modo più semplice per farne un test d'assaggio era quello di condirci la pasta. Quindi ho aperto la confezione, li ho tirati fuori e ho cercato il coraggio per pulirli. 
Il carapace è durissimo, quindi serve una buona forbice. 
O un'ascia ben affilata. 
Poi vi serviranno una ciotola, un pentolino e il bicchiere del tritatutto: una per la polpa, uno per gli scarti duri e uno per gli scarti molli, che poi andremo a frullare.
Sì, avete capito bene, e non fate quella faccia lì che si sa che il buono dei gamberi è tutto nella testa. Preferite forse succhiarle una ad una??!
Iniziate poi a staccare le code, cercando di non pensare che tutte quelle zampette lì lunghe e sottili ricordano quelle di un ragno. 
Soprattutto se siete aracnofobici come me. 
Che infatti mi tremavano le ginocchia e mi è venuto anche da piangere quando un pezzo di cervello mi è schizzato in faccia.
Mettete la polpa da una parte e i gusci dall'altra. Poi togliete la parte dura dalla testa, mettetela con gli altri gusci e quel che rimane nel bicchiere del tritatutto. 
Ora iniziate a frullare le teste. Sì, frullare. Dolcemente frullare per poi accelerare con un ritmo fluente di vita nel cuore.
Poi prendete questo bell'impasto e buttatelo nel pentolino con gli altri gusci.
Fatelo tostare per un paio di minuti a fuoco alto, aggiungeteci il trito di carota, cipolla e gambi di prezzemolo, il vino bianco, abbassate al minimo la fiamma e fate cuocere una mezz'oretta senza il coperchio.
Colate il tutto e mettete il sughetto ottenuto da parte. 
Fate saltare in una padella la polpa delle code con un peperoncino e uno spicchio d'aglio, aggiungeteci il succo delle teste, buttateci la pasta al dente e portate a cottura.

martedì 28 agosto 2012

Paccheri e canocchie



Ingredienti per quattro persone:
paccheri in base alla vostra coscienza
un paio di canocchie a testa
un paio di pomodori
qualche foglia di basilico
aglio
stanlio e olio

Ho esaurito le ferie. Sono tornata in ufficio. Agosto è agli sgoccioli. E quindi per me l'estate è finita.
E se vale la regola della settimana, ovvero che dopo aver scollinato il mercoledì ormai è quasi il weekend, in pratica siamo già a Natale.
Oh cazzo. Mi tocca tirar fuori il piumone.
Certo che le mezze stagioni non esiston proprio più...
E nonostante la scuola sia ormai lontana, mentalmente per me con settembre è come se iniziasse anche un nuovo anno e con lui una serie di nuovi propositi.
E non perchè io sia tornata ricaricata dalle vacanze, anzi. Io sono una di quelle che soffre della cosiddetta sindrome da rientro che, come avrete letto su tutti i giornali, è una malattia provata e i cui sintomi sono: nervosismo, affaticamento, svogliatezza e agitazione.
Graziealcazzo. In pratica è come dire che se il lunedì mattina fai fatica a svegliarti e non hai voglia di andare in ufficio allora sei malato e soffri della sindrome di staminchia.
No perchè non so voi, ma io se potessi starei sempre in vacanza.
E' solo che non sono un ragazzo fortunato e se devo dirla tutta qui non è il paradiso. Ciaomammaguardacomemidiverto! Ee aaaaaaa. 

Tornando ai buoni propositi, come ogni Agosto e anche un po' ogni Dicembre, non avendo una cippa da fare in vacanza, ho pensato ad una serie di cose da fare nel nuovo anno, sempre che i Maya ovviamente non abbiano ragione e anche se consapevolmente so già benissimo ne farò la metà.
Noi dai, faccio la seria. Diciamo un terzo.
Muahahahahhaah ok dai facciamo che forse uno su mille ce la fa. 
Insomma in pratica ho imparato a sovrastimare volutamente il numero delle cose da fare in modo che poi, tolte le defezioni e dispersioni, ne rimanga una quantità accettabilmente realizzabile.
Cose del tipo: mettermi a dieta e perdere almeno 10 kg, riniziare a frequentare la palestra alla quale mi sono iscritta l'anno scorso che mentalmente già per il solo fatto di pagare le rate mi fa sentire come se avessi il culo più sodo, iscrivermi ad un corso di ballo, frequentare altri corsi stimolanti, coltivare il blog, imparare a cucinare e fotografare meglio, fare qualche viaggio, riuscire a fare la mantenuta e anche vincere al superenalotto.
Va bene dai avete ragione forse ho esagerato un pochino. 
Facciamo 8 Kg.

Pertanto, in linea con i nuovi obiettivi 2012-2013 anche le mie ricette d'ora in poi saranno orientate verso piatti più light, come ad esempio questi innocenti paccheri con solo un po' di pesce e qualche pomodorino.
Tanto poi lo sapete che tra due giorni vi propinerò una sacher a 15 piani, vero?!
Introducendovi alle canocchie, ne approfitto per un nuovo approfondimento sul pesce, che mi sa non vi facevo da un po'.
Le canocchie o pannocchie o cicale di mare, sono un crostaceo che fino a qualche mese fa era a me sconosciuto. O meglio, sempre visto sui banchi delle pescherie (o era lui che vedeva me?) con quegli occhiettini lì un po' da cartone animato, mi ha sempre fatto troppa tenerezza per comprarlo e mangiarlo e così l'ho sempre risparmiato.
Fino a quando poi non ho scoperto che quelli che pensavo fossero occhi in realtà erano la coda. Me tapina.
Il furbacchione ha degli occhi finti carinissimi sulla coda che servono ad imbrogliare i predatori, mentre in realtà i suoi occhi veri sono dalla parte che sembra una coda ma che invece è una testa. Chiaro?
Cioè alla fin fine ha letteralmente una faccia da culo.
Quindi, dopo aver scoperto ciò, non mi sono più fatta fregare e l'ho comprato, scoprendo in lui un pesce gustosissimo e molto più saporito dei suoi lontani cugini di terzo grado, gli scampi, che tra l'altro costano più dell'oro. Motivo per il quale esiste l'espressione "che Dio ce ne scampi".
Per questa ricetta, se volete pulire le canocchie auguri. In rete trovate un sacco di video esplicativi. In sintesi dovete usare delle forbici, tagliare di piatto tutte quelle specie di linguette che ha sulla pancia e che pungono da morire, per dire eh, poi tagliare i bordi laterali e quindi aprirle per tirare fuori i 5 milligrammi di polpa che hanno. 
Se invece volete gustarle nel modo più veloce possibile e non avete voglia di farvi tante menate, prendete una forbice e squartatele per il lungo partendo dal mezzo degli occhi finti fino ad arrivare a quasi alla testa, senza dividerle totalmente.
Giratele magari dalla parte della pancia così non vi fisseranno mentre lo fate.
Buttatele poi per qualche minuto in padella con il soffritto d'aglio e olio e i pomodorini tagliati a tocchetti e conditeci la pasta che avrete l'accortezza di scolare 5 minuti prima del tempo per poi finirla di cuocere in padella col resto, aggiungendoci un mestolino d'acqua di cottura.
Se avete senso potete levare i cadaverini prima di servirla che è uguale, dato che magicamente e inspiegabilmente la polpa delle canocchie si scioglie nel sugo e ne rimane solo la corazza bella pulita. 
Ottimo lo stesso piatto con l'aggiunta di un po' di pesto.



giovedì 26 luglio 2012

Gnocchetti di castagne all'aringa affumicata


Ingredienti per due persone:
180 gr di farina castagne
1 patata grossa
100 gr di aringhe (due filetti)
un pizzico di sale
olio extravergine
mezzo scalogno o cipolla rossa

Ho scoperto l'aringa affumicata. E mi chiedo come ho fatto a vivere senza finora. Me ne sono innamorata e adesso, conoscendomi, mangerò filetti di aringhe affumicate ogni giorno fino a quando non ne diventerò allergica. Poi finalmente me ne scorderò e passerò ad altro.
Ad essere onesta in realtà le aringhe le scoprii per la prima volta tempo fa, ma erano quelle intere sottovuoto. Secche come uno stoccafisso, con l'unica differenza che almeno non andavano ammollate per sei mesi. Che non vi dico quella volta che lo feci, lo stoccafisso. Lo tenni in acqua come da istruzioni per tipo 5/6 giorni cambiando l'acqua 2 volte al giorno, peggio che ad un pesce rosso vivo, e non intendo per la tonalità, ma alla fine anche dopo infinite cure e diverse ore di cottura, rimase duro come un comodino. Poi da qualche parte lessi che avrei dovuto picchiarlo con un martello per ammorbidirlo, ma io non ce la feci. Io sono contro la violenza. 
O perlomeno in senso generico, perchè ogni tanto del male a qualcuno glielo farei pure.
Tornando alle mie prime aringhe, quella volta erano talmente intere che ci trovai dentro pure tutto l'apparato riproduttivo con il bonus della sacca delle uova. Che capisco che magari ce l'hanno pure lasciata per farci un favore e per darci modo di poterla spacciare come bottarga tarocca, ma è stato più forte di me. Io tutte quei futuri pescetti lì, a pallini, e non nel senso dei pois, compressi insieme, avevo ribrezzo e dispiacere anche solo a toccarli. 
E so che suonerà strano sentirmelo dire dopo tutti i racconti splatter (Puppacena docet) sulla pulizia del pesce che vi ho fatto, ma anche a me ci sono cose alimentari che mi fanno elementarmente senso e che mi dispiace fare.
Io alla fine, ma anche all'inizio, sono una di quelle che se non ci fossero macellai e pescatori smetterebbe di mangiare carne e pesce. Io sono una di quelle che taglia la testa al coniglio morto raramente, nel senso che lo compro raramente intero, non nel senso che raramente la tolgo, e nemmeno nel senso che di solito è vivo, e ad occhi quasi chiusi. In pratica preferisco affettarmi un dito piuttosto che guardare coscientemente.
Io sono anche la stessa che la volta in cui il pesce da compagnia finì nel lavandino pieno di acqua insaponata per i piatti, pianse per giorni e giorni. E sono anche quella che rimase traumatizzata a vita dopo quella volta in cui da piccina raccolsi in giardino un merlo appena nato caduto dal nido e per tenerlo al caldo gli preparai ingenuamente un ricovero d'emergenza nella yogurtiera di mia mamma. Che poi scoprii, troppo tardi, che scaldava fino ai 50°.
Ma se nel caso del pesce rosso ammetto di essere stata piccola e stupida, per il merlo io sono certa la colpa sia stata del Piero. Oppure delle giovani marmotte. Perchè io sono sicura che se andassi a riguardarmi tutte le puntate di SuperQuark e a spulciarmi tutti i manuali, da qualche parte sicuramente troverei lo stronzo che consigliò, come primo soccorso, di mettere i cuccioli trovatelli in un posto caldo.

Tornando ai nostri filetti di aringa, dopo averli assaggiati ho pensato che il loro sapore sapido e affumicato ben si sarebbe sposato con quello dolciastro della farina di castagne. Così ho sperimentato questi gnocchetti, che poi sono quelli nella foto, anche se sembrano una salsiccia. 
Per chi non conoscesse questa farina, informo che è parecchio dolce e dopo un po' pure stucchevole. Indi per cui ottima per le diete, perchè dopo un po' non ce la si fa a finire il piatto. 
Personalmente ho comunque preferito non mischiarla ad altro per sentire bene il sapore ma volendo potete fare metà e metà con della farina di frumento o con delle patate schiacciate, al posto che metterle sottoforma di crema.
Per fare i gnocchi vi basterà mischiare la farina con circa la metà del peso in acqua, fino ad ottenere un composto lavorabile, stenderli a salamino, tagliarli a tocchetti e cuocerli in acqua bollente leggermente salata per circa 5 minuti da quando salgono a galla.
Per la crema di patate invece tagliate le carote a tocchetti. Muahahah ci siete cascati? E mettetele in un pentolino coperte a filo con l'acqua (io ho lasciato anche la buccia perchè avevo ancora le novelle che ce l'hanno sottilissima) e cuocetele per circa un quarto d'ora fin quando saranno morbide. Poi frullatele con il minipimer e regolate di sale e un filo d'olio.
Assemblate poi il piatto condendo gli gnocchi con l'aringa tagliata a tocchetti e qualche anello di scalogno crudo. 
Cercate di programmare questo piatto per un giorno in cui non avete appuntamenti, perchè sia le aringhe che la cipolla cruda a volte si ripresentano e rimangono insieme a voi per un po'. Ma solo a volte. Forse.

Anche con questa ricetta salata partecipo al contest di Barbara Get an AID in the KITCHEN, second edition

lunedì 4 giugno 2012

Linguine vongole, carciofi e colatura di alici



Ingredienti per quattro persone:
350 gr di linguine
1 kg di vongole
4 carciofi
4 cucchiai di colatura di alici di Cetara
uno spicchio d'aglio
olio e sale 
mezzo limone
due cucchiai di farina


Questa volta siete fortunati: la pulitura delle vongole non fa senso nè a raccontarla nè a farla.
Certo, potrei comunque parlarvi di quando questi piccoli molluschi messi a mollo nell'acqua salata, lasciati in pace, con voi immobili come una statua mentre fischiettando li guardate di sottecchi facendo finta di niente, tirino fuori i tentacolini e si muovano con circospezione, ma non lo farò.
Vi racconterò invece di come sia meglio non fare quest'operazione (l'ammollo), dato che gli fa perdere i succhi più saporiti e di come sia meglio invece farle aprire direttamente in padella e sciacquarle velocemente dopo, ma calma che ci arriviamo.
Partiamo con la pulizia dei carciofi. Se avete le mammole buon per voi, io purtroppo avevo solo il classico spinoso che è simpatico da pulire quanto  l'abbraccio affettuoso di un riccio.
Iniziate tagliando il gambo, quindi staccate tutte le foglie esterne una per una fino ad arrivare al cuore.
Spelate i gambi infilando il coltello per i primi millimetri e tirando fino a togliere la parte filamentosa senza far scorrere la lama fino in fondo altrimenti spalmerete l'amaro. Tagliate i cuori in 4 e togliete la barbetta interna, tagliate i gambi a rondelle e buttate subito tutto in una ciotola con acqua acidulata con succo di limone per non farli ossidare.
Prendete una pentola alta nella quale andrete a cuocere le pasta, metteteci le foglie di scarto del carciofo, riempite con acqua e un pizzico di sale, portate a bollore e fate cuocere fintanto che preparate il resto. In questo modo prepareremo una sorta di brodo in cui cuoceremo le linguine per accentuarne il sapore perchè non so a voi, ma a me piange il cuore buttar via tutti quegli scarti. Con quello che costano i carciofi poi.
Passiamo alle vongole. Sciacquatele velocemente sotto l'acqua corrente per togliere la sabbia esterna quindi mettetele in una pentola alta e capiente (inspiegabilmente ad un certo punto si forma una schiuma abnorme che immancabilmente mi finisce sui fornelli). Chiudete con il coperchio, alzate il fuoco al massimo e lasciatele cuocere fino ad apertura completa dei gusci (circa 5 minuti). Prendete ora un colapasta ed appoggiatelo su una ciotola. Versateci dentro le vongole in modo da recuperare il liquido di cottura. Passate il colapasta con i gusci sotto l'acqua corrente in modo da togliere eventuali residui di sabbia. 
Mettete a bollire un pentolino con acqua e due cucchiai di farina e fateci cuocere i carciofi per qualche minuto (sbianchitura). Come potete vedere dalla foto io per motivi di alzheimer galoppante ho saltato questo passaggio (o quello del limone??!) e mi sono ritrovata con dei carciofi color verde militare in tuta mimetica.
Prendete ora una padella larga, versateci un filo d'olio, metteteci lo spicchio d'aglio schiacciato e fate andare qualche minuto a fuoco basso. Alzate la fiamma, scolate i carciofi e buttateceli dentro. Fate saltate leggermente poi abbassate di nuovo il fuoco ed aggiungeteci l'acqua delle vongole avendo cura di rifiltrarla con un colino a maglia fine. 
Togliete con una schiumarola le foglie dalla pentola della pasta e buttateci le linguine. Fate cuocere fino a 3/4 del tempo di cottura, tiratele su con una pinza e mettetele nella padella. Mescolate e risottate la pasta portandola a cottura aggiungendo, se necessario, un mestolo di acqua di bollitura. 
Togliete dal fuoco. Aggiungete le vongole (non prima che sennò diventano chewing gum), abbondante olio extravergine, la colatura di alici e mantecate per bene.

Con questa ricetta partecipo al contest Carciofando di Cupcakesdelirio!



domenica 13 maggio 2012

Sarde in saor


Ingredienti per quattro persone:
un chilo di sarde
farina
un chilo di cipolle gialle
un bicchiere di vino bianco
un bicchiere di aceto bianco
una manciata di uvette
olio per friggere
olio extravergine di oliva
sale qubi

Ecco a voi un altra puntata del "come imparare a pulire il pesce e poi andare a rimettere". 
Questa volta vi racconterò delle sarde. Che, fortunati voi, fanno meno senso dei calamari nonostante abbiano gli occhietti più vispi che vi fissano meglio.
Aaaallora, prendete una sarda già morta, adagiatela su un tagliere meglio se in plastica perchè il legno si impregnerà di pesce morto a vita, prendete un bel coltello e zac, ghigliottinatela.
Con la testa solitamente vengono via anche quelle piccole e poche interiora che ha. Se così non fosse, vi basterà infilare un pollice dalla pancia verso il collo mozzato e verrà via tutto. Et voilà. Ora dategli una bella sciacquata e asciugatela con un po' di carta assorbente. E se proprio volete fare i precisi e levare pure la lisca centrale riprendete il coltello, apritela a libro tagliando dalla pancia verso la schiena e toglietela (ma non è necessario, è talmente morbida che si riesce a mangiare pure quella). Ora fate così anche con le seguenti 199. No dai scherzo, in un chilo ce ne saranno appena 198.
Per preparare poi il saor, che è la simil-versione veneziana del carpione, affettate finemente le cipolle e, quando avrete riacquistato la vista, mettetele in una padella con un filo d'olio. Fatele stufare a fuoco basso senza fargli prendere colore per una decina di minuti. Aggiungete il bicchiere di aceto e il bicchiere di vino, un pizzico di sale e le uvette e fate cuocere a fuoco basso fino alla completa evaporazione dei liquidi (circa un'ora).
Nel frattempo infarinate leggermente le sarde e friggetele in olio caldo per qualche minuto fino a circa 3/4 di cottura (diciamo per tre/quattro minuti).
Scolatele ed asciugatele per bene. Salatele e iniziate a stenderle in una teglia. Coprite con una parte delle cipolle che ormai saranno pronte e, come si fa con le lasagne, continuate alternando gli strati fino ad esaurire gli ingredienti. Fate raffreddare e infilate la teglia in frigo per almeno 2 giorni prima di consumarle (durano circa una settimana).
La morte loro è servirle con della polenta tagliata a fette e abbrustolita in padella.

lunedì 7 maggio 2012

Calamari ripieni brasati


Ingredienti per 6 calamari:
6 calamari
100 gr di pane raffermo
6 code di mazzancolle
un mazzetto di prezzemolo
un limone
4 cipolle
mezzo bicchiere di vino bianco
olio extravergine di oliva
sale e pepe qubi

Da poco ho imparato a cucinare il pesce. Influenzata dalla nomea che ha di essere difficile e complicato l'ho sempre relegato in secondo piano poverino, spingendomi al massimo e non oltre fino ad una pasta ai frutti di mare surgelati e ai bastoncini del Capitano, che ormai dopo 20 anni che lo vedevo in televisione mi ci ero anche affezionata un po', vecchio lupo di mare. Ma sia chiaro, ora che sono una consumatrice consapevole il vecchiaccio non mi frega più. Nè lui coi suoi suoi 10 gr di pesce e 452585 gr di impanatura, nè quelli che rompono il tonno in estinzione con un grissino (chiaro esempio di pubblicità ingannevole, primo perchè il tonno dalla scatoletta NON esce intero se lo ribalti, secondo perchè al massimo è il tonno che rompe il grissino e non viceversa).
Comunque superate le mie ansie inziali ora posso dire che il pesce non ha più segreti. Almeno quello che conosco. E che ormai mi piace tantissimo e in tutti i modi, crudo cotto o granbiscotto.
E poi è SEMPLICE e veloce. A parte la pulizia in alcuni casi, che più che difficile fa un po' schifo. Ma appunto per questo esistono i pescivendoli, che sono lì per facilitarvi il lavoro, mica  per rompere le nocciole a Cip e Ciop.
Questa ricetta dei calamari ripieni, oltre che buonissima, è un chiaro esempio di come cucinare il pesce può essere alla portata di tutti.
Prendete i calamari e se sono già puliti, fortunati voi, passate al punto successivo. Se invece sono da pulire......dai, ok....l'ho fatto mille volte, ce la posso fare ancora: prendete un calamaro, afferrategli i tentacolini tutti insieme e tirate delicatamente, cercando di non fissarlo nei suoi occhi languidi. Tirate fino a che uscirà tutta la roba vomitevole e molliccia che ci è attaccata insieme. Prendete ora un coltello e tagliate di netto tra gli occhi e i tentacoli (ooommiodddiooo), e togliete la pallina dura che sentite, che è il dente. Ora cercate nel resto del corpo l'osso cartilagineo (?!), che spunterà da un lato, e tiratelo via delicatamente. No, non è un pezzo di plastica che si è mangiato il calamaro, è la sua struttura ossea, giuro.
Ecco. Ce l'avete fatta! Pulizia finita. Appena vi è passata la nausea dategli una bella sciaquata e via, eccolo bello pronto per essere imbottito.
Per il ripieno ammollate il pane nell'acqua, strizzatelo e frullatelo insieme ai tentacoli, al prezzemolo spezzettato, a mezza cipolla, alla buccia di limone grattugiata, a un po' di sale e pepe e alle code di mazzancolla sgusciate.
Non trovate simpatica l'idea di mettere delle mazzancolle dentro i calamari? Sembra un po' una matrioska e mi ricorda una puntata di Gordon quando era mi pare in India e preparava un piatto tipico infilando un uovo in una quaglia, poi la quaglia in un pollo e poi il pollo in un agnello. E per fortuna che si è fermato lì, perchè avrebbe potuto continuare mettendo l'agnello in un maiale, il maiale in una mucca, la mucca in un ippopotamo, l'ippopotamo in un elefante. E' che mi sa che non aveva un forno abbastanza grande.
Ma noi comunque ci limiteremo a mettere delle mazzancolle nei calamari, che sennò poi appunto non ci entrano nella padella.
Prendete ora una sac a poche usa e getta, che i bignè alla crema al profumo di calamaro non so se piacciono tanto, riempitela con il ripieno e farcite i calamari fino a circa metà sacca, perchè in cottura restringono e se son troppo pieni vi esplodono e poi chiudeteli con uno stuzzicadente. Mettete in una padella un filo d'olio, le cipolle affettate sottilissime, adagiatecivicivivici i calamari, bagnate con mezzo bicchiere di vino bianco e il succo del limone, alzate la fiamma fino a quando il fondo inzierà a bollire poi coprite ed abbassate il fuoco al minimo. Fate cuocere per circa una ventina di minuti fino a quando il liquido sarà assorbito, poi scoperchiate, fate rosolare leggermente e servite.


Con questa ricetta partecipo al contest Crostacei e Molluschi di About Food


venerdì 23 marzo 2012

Portafogli di salmone e verdure


Ingredienti per 4:
250 gr di sfoglia
4 tranci di salmone
1 carota
1/2 costa di sedano
1/2 cipolla
1 tuorlo d'uovo per spennellare
semi di senape
sale e pepe qubi

Comprare il salmone va un po' contro i miei principi, basta fare una ricerca in rete per capire che sarebbe meglio evitare di farlo.
E' un pesce che ormai si trova sempre e comunque, dovunque, ovunque e quantunque e ovviamente gli stock di quello selvaggio stanno finendo, cosa d'altronde prevedibile.
Io me li immagino gli ultimi salmoni rimasti che escono con occhialoni da sole, cappello, impermeabile e parrucca bionda per non farsi riconoscere sopraffatti dall'istinto di sopravvivenza.
Mi scusi, lei è un Salmo-Salar? - No, sono Raffaella Carrà. - Carramba!!!. Oppure che si mettono la tutina in lattice con gli spuntoni per sembrare un pesce palla o che stanno a pane ed acqua (tipiacevincerefacile) per mesi per assomigliare ad una sogliola. O che si fanno le righe bianche ed arancioni con la vernice per sembrare un pesce pagliaccio. Oppure cheeeee...Ok, la smetto.
L'altra categoria da evitare di acquistare è il salmone da allevamento intensivo. Avete presente i pendolari su un treno in orario di punta? Ecco, immaginateli chiusi lì dentro per ore senza un wc, aggiungeteci uno scagazzamento collettivo per squaraus e poi provate ad immaginare i sedili (oltre ai sederi). Ecco, ora potete avere solo una lontana idea di come possono essere il fondale e l'acqua nelle zone di allevamento (ma di problemi ce ne sono anche altri eh?!).
Okokokok poi però c'è da dire che il salmone è buonissimo, è semplice e veloce da cucinare e in effetti mi piace proprio un casino. Per me è un po' come i biscotti "mangiami" per Alice, o la mela per Biancaneve, o la bella addormentata per il principe, o i setti capretti per il lupo...vabbè avete capito.
Per cui insomma, non dico di non comprarlo più assolutamente, ma forse come in tutte le cose ci vuole solo la giusta dose di razionalità; io personalmente fin quando ero beatamente ingenua lo compravo spesso, ma dacchè mi sono informata cerco di limitare i miei consumi a quelle 3/4 volte l'anno in cui proprio non riesco a resistere.
E questa è stata una di quelle volte (soprattuto perchè non l'ho comprato io ma me lo sono trovato in casa).
Ok, dopo questa opera di proselitismo ora vi racconto la ricetta: prendete la pasta sfoglia e tagliatela in quattro; adagiateci sopra ognuna un filetto di salmone a vostra misura, le vostre belle verdurine tagliate a julienne, condite con sale e pepe, chiudete a portafoglio, fate dei taglietti trasversali, spennellate col tuorlo sbattuto, cospargete coi semini di senape e infilate in forno caldo per 25 minuti a 180°.

mercoledì 14 marzo 2012

Involtini di sogliola e speck


Ingredienti per 10 involtini:
10 filetti di sogliola
10 fette di speck
una manciata di pangrattato
qualche cucchiaio di parmigiano
un po' di prezzemolo tritato
un filo d'olio
sale e pepe qubi

La sogliola è un pesce anonimo. Non ha carattere.
Se ne sta lì...ferma...piatta come una platessa...sdraiata in mezzo alla sabbia...guardando in su...e aspetta. Ma aspetta cosa?! Il tram? Il sogliolo dei suoi sogni? Qualcuno che la tiri su per 50 euro? 
Ma invece niente. Passa uno qualunque e trac, finisce nel mio piatto. 
Che vita di merda.
E poi niente di personale eh, ma non sa di nulla (mica a caso piace anche ai bambini e a quelli più menosi).
E noi in questa ricetta per darle un po' di brio la facciamo incontrare con un bel maiale (inteso come suino, non come porcello, anche se di sicuro avrebbe preferito il secondo).
E non ce n'è per nessuno: maiale vince sogliola uno a zero.
Ora prendete i vostri bei filetti di pesce ed adagiateli da qualche parte, spargeteci un po' di pangrattato, un po' di parmigiano, un po' di prezzemolo, un pizzico di sale e pepe e stendeteci sopra una fetta di speck.
Arrotolateli su se stessi come una girella e fategli fare un giro negli avanzi di pangrattato-parmigiano-prezzemolo. Chiudete con uno stecchino, passateci un filo d'olio ed infornate a forno caldo a 200° per 10/15 minuti fino a doratura.

lunedì 12 marzo 2012

Gamberi vestiti di lardo e sfoglia


Ingredienti per 12 gamberi:
250 gr di pasta sfoglia
12 code di gambero
12 fette di lardo
1 tuorlo d'uovo per spennellare
semi di sesamo

Prendete dei gamberi o delle mazzancolle o quel che l'è (per me son tutti uguali dai, è solo una trovata di marketing), decapitateli e sgusciateli lasciando l'ultimo pezzettino di coda. Mummificateli con una fettina di lardo e con una strisciolina di pasta sfoglia. Spennellate con il tuorlo d'uovo sbattuto, cospargete di sesamo ed infornate a 180° per 15 minuti fino a doratura.
Et voilà: la mummia è servita.
Ps.: Un grazie speciale a B, che sa il perchè.

giovedì 9 febbraio 2012

Clam Chowder


Ingredienti per due porzioni abbondanti (ma anche tre)
quattro cucchiai di soffritto misto (classico carota sedano cipolla)
un pezzo di porro, parte bianca, diciamo 1/4
cinque patate medie, o 3 grosse, o 6 piccole
100 ml panna
500 gr vongole
500 gr cozze
4 gamberi
2 canocchie

I primi due post erano seri. Il terzo già un po' meno. Ok, direi che da ora posso smettere di fingere.
Oggi vi racconterò del Clam Chowder, che se in inglese sembra un nome fighissimo, tradotto in italiano perde giusto un filo di charme: Zuppa di molluschi nel latte. Wow. A chiamarla così non la mangerei manco io.
Eppure vi assicuro che se il nome e diciamocelo, anche un po' la presentazione, lasciano alquanto a desiderare, il gusto è sorprendentemente notevole. Provare per credere. 
Prendiamo le vongole e le cozze, diamogli una pulita sotto acqua corrente e facciamole aprire in una pentola con coperchio a fuoco alto per qualche minuto; buttiamo i gusci e teniamo i molluschi da parte nella loro acqua che avremo provveduto a filtrare.
Prendiamo il nostro porro, laviamolo, tagliamolo a fettini sottili e mettiamolo a soffriggere in un filo d'olio (avete un deja vu?). Aggiungiamo le altre verduriiine tagliate sottiiili sottiiili, diamo la simmenthal al gatto e prendiamo le patate. Sbucciamole e stavolta sbattiamo via la buccia e tagliamo il resto a cubettini microscopici che andremo gentilmente a gettare nel pentolone. Aggiungiamo il succo dei molluschi e se necessario un paio di tazze d'acqua fino a coprire le verdure. Portiamo a bollore e lasciamo sul fuoco circa mezz'ora. Aggiungiamo le canocchie intere e facciamo bollire cinque minuti, aggiungiamo i gamberi e bolliamo altri cinque (solo cinque vedraaaiii), aggiungiamo i molluschi, spegnamo il fuoco e aggiungiamo la panna.
Mescoliamo, assaggiamo, regoliamo di sale e pepe qb e mangiamo.