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sabato 30 novembre 2013

Un ingrediente per due: il porro



Leggendo e rileggendo i commenti al blog, finisco spesso col chiedermi perché io continui a faticare per far ricette e foto quando tanto qui vengon tutti solo per quello che scrivo senza cagare il resto.
E sia chiaro che la cosa mica mi dispiaccia anzi, dato che di solito il problema degli altri blog è che la gente guarda le foto senza leggere il testo e così capita che magari uno ha scritto che è devastato perché ha appena investito il suo cane in retro e i commenti sotto sono tutti un "brava, bella ricetta! Ricetta golosissima! Sembra buonissimo!"
Quindi insomma, di certo non mi posso lamentare. Anzi, in fondo questa consapevolezza riduce la mia ansia da prestazione e posso così permettermi di pubblicare post anche quando le foto fanno un po' pena o quando la presentazione non è delle migliori.

Ad esempio infatti potrebbe capitare io posti tranquillamente una ricetta ottima che sembra però un mappazzone e con una foto che ha delle dominanti strane che non riesco o non ho voglia di eliminare. 
Ogni riferimento a persone o cose......
E non è che non abbia voglia così per così, è solo che sono nuovamente a casa raffreddata e con la febbre. 
E per quanto mi piacerebbe dirvi che adoro fare e rifare le ricette finché non mi vengono perfette, che amo atteggiarmi a scrittrice di bestsellers e che adoro stare qui seduta davanti alla tastiera con la mia tazza di te fumante, la neve che cade fuori, il gatto che dorme sul divano e la musica di sottofondo, la realtà è che non ho voglia di scrivere e men che meno di rifare ravioli o sistemare foto perché mi fa mal la testa, scatarro sul monitor ogni due per tre, continuo a soffiarmi il naso e per giunta questo cazzo di te è ustionante dato che come al solito ho fatto scaldare troppo l'acqua. 
Ah, e il gatto ovviamente è un personaggio di fantasia.

E così vi prevengo e vi dico che sì lo so che la salsa ai porri è grumosa e forse pure un po' troppa, ma il frullatore che frulla bene era in lavastoviglie e così ho dovuto usare quello che frulla male e so che vi state chiedendo che se frulla male allora cosa lo tengo a fare ma io che sono la regina delle caccavelle, che peraltro dio-che-brutto-nome tanto quasi quanto caco, argomento sul quale tornerò dopo, lo tengo perché fa parte di uno di quegli aggeggi infernali tipo 4 in 1 che fanno 4 cose mediocri al posto di una bene e perché poi comunque la frutta secca per esempio la trita bene. 
Ma poi mi chiedo anche a dir la verità che cosa ve ne frega a voi di quanti frullatori io abbia e per quale motivo debba star qui a giustificarmi su quello che uso e non uso. Ma dove siamo finiti??!

Tornando al caco, non so se avete mai pensato quanto questo nome abbia penalizzato un frutto peraltro buonissimo e mi chiedo chi possa esser stato tanto simpatico da avergli affibbiato un nome così del cazzo. 
Dai, c'è gente che non mangia il caco perché si vergogna a chiederlo al fruttivendolo. 
Per non parlare poi dei suoi derivati. 
Ve lo immaginate Montersino dietro al banco della pasticceria che chiede alla sciura di turno: Signora, cosa preferisce oggi? Abbiamo una fantastica crostata ai marron glacè o la torta al CACO. Cosa sceglie? Maddai. 
Mi spiace per lui ma è un frutto troppo sfigato. Conosco gente che addirittura va avanti a ridere da sola sei ore al solo pensiero di entrare in un bar e chiedere un succo al caco. Che poi appunto, non vi siete mai chiesti come mai il succo di caco non esista? Ma ovvio, perché il nome fa cagare! Tanto che nemmeno Don Draper riuscirebbe a venderlo!
E comunque su questo argomento avrei voluto farci un post. 
Il riscatto del caco. 
E infatti tentai una torta che sulla carta sembrava molto promettente. Una roba tipo patate lesse, uova, poca farina, zucchero, cioccolato fondente e caco. Una sorta di budino da cuocere a bagnomaria che sembrava una gran figata e invece alla fine era una cacata colossale. Giusto per stare in tema.
Anche se mi sa che una grossa parte della colpa era da attribuirsi al cioccolato fondente che aveva preso prepotentemente l'aroma dell'olio essenziale di menta che sparsi tempo fa negli stipetti per tenere lontane farfalline.

E le farfalle son sì scomparse ma ogni cosa adesso sa di dentifricio. 
Pure le acciughe.
Proprio belli i rimedi della nonna. Mh.

Ma sto divagando. E' la febbre. Ne sono certa.
Quindi ora vi saluto e vi lascio al porro. Prima che sia troppo tardi.

Grazie, al solito, a Comandante Amigo.

"Il porro (Allium ampeloprasum) è un parente dell’aglio (Allium sativum) e della cipolla (Allium cepa)?
Bè, a leggere i  nomi scientifici di questi ortaggi, direi di si! E anche pensando al profumo ed alla capacità di fare lacrimare i nostri occhi…
Il porro è una pianta erbacea biennale, coltivata però a ciclo annuale, monocotiledone (cioè con una sola foglia embrionale all’interno del seme) di origine mediterranea e di cui si utilizzano in ambito culinario le parti terminali delle foglie (la parte bianca) e il piccolo fusto al quale le foglie sono attaccate, che altro non è in questa pianta che un ridotto disco da cui si diramano le radici che invece vengono eliminate prima dell’utilizzo. Il fiore biancastro è ombrelliforme e si origina nel secondo anno di vita.

Esistono molte varietà di porri coltivati nel nostro paese e queste sono classificate in base alla lunghezza del "fusto" e in base all'epoca di produzione.
La tecnica di coltivazione del porro prevede solitamente la semina in vivaio e il successivo trapianto in pieno campo quando le piante hanno raggiunto un’altezza di circa 20-25 cm. Difficilmente si effettua la semina diretta poiché è più difficile controllare le infestanti e perché si ottengono porri di differente pezzatura. Le varietà precoci vengono trapiantate a densità a mq maggiore, mentre per le varietà tardive la densità a mq decresce per facilitare il rincalzo che è quella tecnica che consente di aumentare la parte bianca dell’ortaggio e la resistenza al freddo.
La raccolta avviene quando la dimensione dell’ortaggio in termini di diametro raggiunge i 2/3 cm e ciò avviene solitamente dopo 3/4 mesi dal trapianto e dopo la raccolta vengono eliminate le foglie più esterne, quelle più dure, mentre le altre vengono tagliate una quindicina di cm sopra il termine della parte bianca. Il porro, pulito, si conserva facilmente in frigorifero anche per più di un mese.

Tra le varietà di porro presenti in Italia vale la pena ricordare quella di Cervere, un piccolo paese della provincia di Cuneo, dove annualmente in novembre si tiene la fiera dedicata a questo ortaggio. Dal sito web dedicato a questo porro si evince che la combinazione tra il terreno particolare dove si coltiva (limo, sabbia fina e calcare, combinazione abbastanza rara in natura) e il microclima con luminosità buona ma non violenta, permette di ottenere porri assai lunghi e teneri con basso contenuto in lignina e cellulosa (sostanze difficilmente digeribili almeno che voi non siate dei ruminanti!). Il fatto che il Porro di Cervere è più tenero, più dolce e più digeribile è da imputare quindi alle caratteristiche pedoclimatiche del sito ove viene coltivato.


Per finire una curiosità: l’imperatore Nerone (quello che forse diede fuoco a Roma per potersi costruire la Domus Aurea) veniva chiamato porrofago perché era un grande mangiatore di porri che utilizzava per schiarirsi la voce… ecco perché nei suoi ultimi anni di vita, prima di essere deposto e di suicidarsi, si ritirò con le sue paranoie nei palazzi per dedicarsi all’arte e alla musica… e chi gli stava più vicino!"

Ecco qui la mia ricetta e qui quella di Serena:

Ravioli alla burrata e porri

Ingredienti per 4 persone:
150 g di semola di grano duro
150 g di farina 0
3 uova
una decina di pistilli di zafferano
un pizzico di sale
olio extravergine
500 g di burrata
2 porri medi

Preparate la pasta come al solito mischiando uova e farina e un cucchiaio d'olio. Giusto per questa volta pestate in un mortaio lo zafferano con un cucchiaio d'acqua calda fino a farlo sciogliere ed aggiungetelo all'impasto. Fate una palla e fate riposare per una mezz'ora.
Stendete sottilissimamente la pasta del tipo che la sfogliavelo Rana ci fa na pippa, fate dei tondi o quello che volete, riempite con un cucchiaino di burrata che avrete preventivamente tagliuzzato grossolanamente al coltello, chiudete, schiacciate bene i bordi e cuocete per un paio di minuti in acqua bollente.
Per la salsa ai porri sminuzzate la parte bianca con quasi tutta la parte verde, avendo cura di tenere da parte un paio di foglie interne che faremo seccare in forno ma che vi spiegherò dopo che sennò qui diventa un casino, e fatela appassire in padella a fuoco minimo con un paio di cucchiai d'olio.
Quando il porro sarà bello morbido frullatelo con un goccio d'acqua e un goccio d'olio crudo con un frullatore che funzioni bene fino ad ottenere una salsa liscissima che andrete a spiattellare a specchio sul fondo dei piatti.
Tagliate sottilmente le foglie che avete tenuto da parte, conditele con sale e poco olio e fatele seccare in forno a 140° C fino a quando diventeranno belle croccanti, avendo cura di controllarle spesso che bruciano in un attimo e poi ciao.
Scolate i ravioli e passateli un secondo in padella con poco olio per farli asciugare e assemblate il piatto.
PS la burrata può essere sostituita con la bufala ma non è una grande idea perchè rimarrà leggermente gommosa.


lunedì 30 settembre 2013

Un ingrediente per due: il fico


La gente narra che io non mi ricordi mai una mazza e che quel poco che ricordo sia sempre legato al cibo.
Del tipo che non saprò mai dirvi dov'era quella piazzetta meravigliosa con quella chiesetta fantastica a picco sul mare ma saprò darvi le coordinate esatte di quel ristorantino in Alsazia dove mi ammazzai di raclette tirandone giù a cazzuolate come se non ci fosse un domani.
Ma queste sono solamente calunnie.
Perché infatti io in realtà non saprei dirvi nemmeno questo.
Alcune delle cose che invece mi son rimaste in mente forse a volte tendo ad ingigantirle col tempo.
Tipo che io sono assolutamente convinta che ogni lungo viaggio in auto affrontato in infanzia con la mia famiglia sia sempre stato corredato da una serie di soste in autogrill per l'acquisto di Grisbì e Figolù e che questo quindi giustifichi, per motivi puramente scaramantici, una perpetuazione della tradizione.
In realtà, a quanto pare, la cosa sembra sia successa al massimo solo un paio di volte e pertanto la gente insinua io ad oggi voglia semplicemente far la furbona.
Ulteriori calunnie.

Ma in memoria (mia) dei vecchi tempi e in onore a quel genio del male che ha chiamato dei biscotti al fico Figolù, questo mese i biscotti al fico me li sono fatta da me. A modo mio. E li chiamerò Figolà.
E dato che guarda caso siamo pure in settembre e casualmente l'ingrediente del mese è pure il fico, ecco qui la relativa scheda redatta da Comandante Amigo:

"Bè, a me sembrava ovvio, ma ci sono stati alcuni tentennamenti sulla decisione di chi avrebbe dovuto fare la scheda del Fico…
Il Fico nasce sul finire degli anni settanta in una giornata invernale in una città di mare e andrà a sostituire l’immagine dell’uomo frichettone figlio dei fiori che tanto piaceva dopo woodstock e quella del paninaro in voga a metà anni ‘80. Inizialmente biondo e con gli occhi azzurri, il Fico poteva confondersi facilmente negli anni ’80 con altri frutti immaturi poco appetibili del nord europa, ma, col passare degli anni, la maturazione del Fico ha portato ad avere a partire dalla metà degli anni ‘90 un soggetto molto appetibile col capello lungo (meno biondo) e l’occhio azzurro (sempre). Poi, sul finire degli stessi anni ‘90 il Fico ha modificato il suo aspetto esteriore, che poi è anche quello corrente che potete ancora (J) verificare di persona tutt’oggi: un Fico a piena maturità, glabro e con l’occhio azzurro (sempre)!
Ma forse voi volevate sapere qualcosa in più riguardo un’altra varietà di fico vero?
Bene, cercate della Raffaella? Potete chiedere a Cristiano Ronaldo o Mario Balotelli.
Invece cercate di Roberto? Potete allora chiedere a Beppe Grillo;
Invece vi interessa il Ficus Carica? Quella pianta di difficile distinzione botanica fra la pianta maschio fico e la pianta femmina nonsipuòdire? Quella pianta, il maschio, che produce frutti non commestibili e la femmina che produce:
·         i fioroni, che si formano da gemme dell'autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all'inizio dell'estate;
·         i fichi, o forniti, o pedagnuoli che si formano da gemme in primavera e maturano alla fine dell'estate dello stesso anno;
·         i cimaruoli derivanti da gemme sommitali prodotte nell'estate la cui maturazione avviene nel tardo autunno laddove l'estate è molto lunga ed il clima particolarmente caldo e che comunque potrebbe spesso essere incompleta o insoddisfacente.
Bene, allora se è questa la varietà di fico che cercate, potete trovarvi da soli le notizie su wikipedia o su un qualsiasi manuale di botanica o di giardinaggio e lasciare il Fico a disposizione della sua amata foodblogger!

Aloa!"

Ecco poi qui la mia ricetta e qui invece quella della Serena.

Ingredienti per circa 20/25 biscotti ai fichi e rosmarino:


230 g di farina 00
20 g di farina di castagne
150 g di burro morbido
100 g di zucchero
40 g di tuorli
qualche ago di rosmarino
un pizzico di sale
300 g circa di fichi
un cucchiaio di zucchero di canna
un cucchiaio di miele

Per preparate questi biscotti fate una solita noiosa pasta frolla come vi ha insegnato la cognata.
Mischiate il burro molliccio con i tuorli e lo zucchero fino ad ottenere un pastone omogeneo. Aggiungete il rosmarino frullato finemente con lo zucchero, che se prima non ve lo avevo detto di farlo ve lo dico adesso, le farine e un pizzico abbondante di sale.
Lavorate velocemente il tutto fino ad ottenere una palla, schiacciatela un po' in modo si raffreddi prima ed avvolgetela nella pellicola. Fatela riposare in frigo per almeno mezz'ora.
In una padella antiaderente fate andare a fuoco alto i fichi tagliati a metà con lo zucchero di canna e il miele fino a quando saranno spappolati, asciutti e un po' caramellati.
Fateli raffreddare e nel mentre riprendete la frolla. Stendetela a rettangolo all'altezza di un paio di millimetri e tagliate delle strisce larghe circa tre centimetri e lunghe quanto volete.
Distribuite per il lungo di una striscia la composta di fichi e coprite con una seconda. Sigillate bene e cuocete in forno caldo ventilato a 180° per circa 10/15 minuti fino a quando inizieranno a dorarsi i bordi.
Sfornate, fate intiepidire e tagliate a fette.

mercoledì 31 ottobre 2012

Cheesecake spaventosa



Ingredienti per circa 30 amaretti:
125 gr di mandorle dolci spellate
50 gr di mandorle amare spellate (dato che non è semplicissimo trovarle, ricordatevi la prossima estate di tenere via i noccioli delle albicocche)
225 gr di zucchero semolato
2 albumi

Ingredienti per circa 25/30 savoiardi:
4 uova
180 gr di zucchero canna chiaro
60 gr di fecola
40 gr di farina

Ingredienti per una decina di pan dei morti:
65 gr di amaretti
65 gr di savoiardi
60 gr di farina
60 gr di zucchero di canna
1 uovo (io ho usato due tuorli perchè gli albumi li ho riciclati per la meringa)
60 gr di uvetta
30 gr di pinoli
3 cucchiai di cacao amaro
1 cucchiaino di lievito chimico
1 cucchiaino di spezie miste (solito cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, anice)
mezzo bicchiere circa di vino bianco dolce tipo passito
zucchero a velo per decorare

Ingredienti per la cheesecake:
E qui vi tocca andare un po' ad occhio e a gusto. 
Io ho fatto solo quella della foto da circa 9 cm di diametro e ho usato qualche cucchiaio di ricotta, un paio di cucchiai di polpa di zucca bollita, un po' di zucchero di canna e mezzo cucchiaino di agar agar bollito 5 minuti in un goccio di latte.
Tendenzialmente per una torta da 18 cm dovrete usare 750 gr di ricotta e un cucchiaino abbondante di agar agar.

Ingredienti per la ganache:
cioccolato fondente (io circa 40 gr)
stesso peso di panna

Ingredienti per i fantasmini (ne verranno circa mmmille):
albumi
il doppio del loro peso di zucchero
un cucchiaino di succo di limone
1 cubetto di cioccolato fondente 

Uccidetemi. Sono già stanca.

Allora, a me di Halloween non è che proprio me ne freghi granché, però mi piace la zucca.
E anche fare robe spaventose, che a volte mi vengono tali senza manco farlo apposta.
E poi mi piace tanto il pan dei morti, che si fa qui in zona da me per il 2 novembre. 
E meno male che domani è il giorno dei Santi sennò tra stasera e dopodomani sarebbe stato veramente un mortorio.
Ecco, questa volta non mi dilungherò sulla parte introduttiva perchè già il resto finirete di leggero tra due giorni, dato che mi son voluta far del male e ho preparato tutto da zero partendo dalle semplici materie prime.
Va beh, a parte la ricotta e il cioccolato che la mucca e le fave proprio non le ho trovate. 
Ah, e nemmeno la canna da zucchero. 
Beh a dir la verità nemmeno il grano.
Vabbè ok, era solo per dire.
E quindi insomma, ho fatto la cheesecake più lunga della mia vita partendo da una base di pan dei morti fatta da amaretti e savoiardi, con sopra ricotta e zucca e sopra cioccolato e sopra delle meringhe.
Poi mi son fermata perchè avevo paura crollasse.
L'idea dei fantasmini mi è venuta da qui, ma guai a chi si azzarda a fare dei paragoni.
La tizia tra l'altro usa un frosting di burro e marshmallow, ma dato che va contro la mia religione, ho optato per delle semplici meringhe.

La ricetta degli amaretti e dei savoiardi arriva invece dall'Ada Boni. Purtroppo non c'è il peso delle uova quindi nei savoiardi dovrete aggiungere eventualmente un paio di cucchiai di farina se l'impasto dovesse esser troppo molle. Regolatevi.
Vi ho risparmiato le foto perchè tanto a me serviva solo della roba da sbriciolare quindi non è che sono andata tanto per il sottile. Anche se di sicuro sarebbero stata a tema con la questione spaventosa. 
E se vi state chiedendo come mai ho voluto farmi così tanto del male, è solamente perchè preferisco sapere cosa c'è esattamente dentro quello che mangio. E anche perchè sono un po' masochista.
Ovviamente con queste dosi avrete esuberi di amaretti e savoiardi, ma almeno avrete qualcosa da dar da mangiare a quelli a cui faranno cagare i pan dei morti. O la cheesecake alla zucca. E lo dico per esperienza.

Allora, per gli amaretti spellate le mandorle buttandole un paio di minuti in acqua bollente, se non l'avete già fatto. E se non l'avete ancora fatto, perchè?? Non è che sto lì a scrivere gli ingredienti giusto per muovere la tastiera eh?!
Fatele asciugare ben bene e se necessario passatele in forno senza farle colorire, poi frullatele con 125 gr di zucchero. Non state lì ad impazzire a farle finissime, che non sono mica dei macaron e tanto se rimane qualche pezzettino è pure buono.
Montate poi gli albumi con i 100 grammi di zucchero rimanenti fino ad ottenere una meringa soda, mischiate delicatamente il tutto, fate delle palline con la sac a poche su una teglia coperta con carta da forno e lasciatele seccare all'aria per qualche ora (io 4).
Cuocete a 180° per circa 10 minuti fino a leggero colorimento.

Per i savoiardi sbattete a lungo i tuorli con zucchero fino ad ottenere un composto spumoso.
Aggiungete la fecola e la farina e poi delicatamente gli albumi montati a neve.
Versate tutto in una teglia coperta con carta da forno oppure con la sac a poche fate le classiche formine lunghe circa 10 cm.
Cuocete a 180° per circa 10/15 minuti fino a doratura.

Per il pan dei morti sbriciolate amaretti e savoiardi con le dita, aggiungete il resto degli ingredienti fino ad ottenere un impasto lavorabile con le mani.
Stendete l'impasto nello stampo a cerniera che poi userete per la cheesecake oppure con le mani umide  formate dei biscottoni  di circa 10x5 cm e alti circa 1 cm e adagiateli in una teglia.
Cuoceteli a 180° per 10/15 minuti (dovranno rimanere umidi all'interno).

Per la cheesecake cuocete la zucca tagliata a cubotti in una pentola con due dita d'acqua.
Mescolate la ricotta con un po' di zucca cotta e spappolata e un po' di zucchero.
Bollite l'agar agar per 5 minuti in tre cucchiai di latte e aggiungetelo al resto.
Mischiate, versate nello stampo dove ci sarà già sotto la base di biscotto e fate raffreddare in frigorifero per qualche ora.

Per la ganache portate a bollore la panna, togliete dal fuoco e versateci il cioccolato spezzetato fine.
Mescolate delicatamente, portate a temperatura ambiente e versate la copertura sulla cheesecake fredda di frigo.

Per le meringhe, che palle, potete cercarvela la spiegazione? No perchè qui si sta facendo lunga.
Io ho seguito quella di Bressanini. Brevemente: iniziate a montare gli albumi con il limone. Quando saranno quadruplicati di volume iniziate ad aggiungere lo zucchero poco alla volta.
Montate fino a quando avrete ottenuto una meringa sodissima.
Mettetela poi in una sac a poche con una bocchetta larga circa 2 cm (io uso solo la base senza montarci la bocchetta vera e propria) e fate degli stronzini alti 3/4 cm.
Cuocete in forno ventilato a massimo 90° per circa 2 ore.
Fate raffreddare e aggiungetegli gli occhietti e la bocca utilizzando uno stuzzicadente pucciato in un cubetto di cioccolato sciolto.