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mercoledì 27 marzo 2013

La fideuà vegetariana


Ingredienti per una fideuà per 2 persone:

200 gr di spaghetti spezzettati in pezzi circa 3 cm
una manciata di fave fresche
qualche fiore di broccolo
qualche fiore di cavolfiore
qualche foglia di catalogna
mezza cipolla piccola
4/5 pomodori secchi
1 litro circa di brodo vegetale
un mazzetto di prezzemolo
olio extravergine
sale

La ricetta da fare questo mese per l'MTC, proposta dalla nostra bella Catalana, è la fideuà, che altro non è che una sorta di paella tarocca con degli spaghetti al posto del riso.
Ricetta molto simpatica che ci porta dritti dritti al mare della Spagna.

Ma attenzione perchè qui, a differenza del cuoco che la inventò, non siamo nella cambusa di una nave ma a terra.
E più precisamente nella casa del pescatore Pierangelo (e vi avviso, se non conoscete questa hit del momento non capirete una cippa di quanto segue. Anche se dai, ma CHI non la conosce??? Vi dico solo che io ce l'ho fissa nella playlist dell'ipod ed è il mio pezzo forte quando canto sotto la doccia, facendo pure le voci diverse. Ecco. L'ho detto.) che ora è in mare e getta le sue reti cantando delle canzoni e sperando nella buona pesca mentre tira forte e bestemmia anche un po' intanto che onde giganti lo sollevano.

Ma dato che il mare non gli ha mai dato tanto, nemmeno dopo lunghi giorni, nelle reti c'è ancora poco pesce e lui, essendo un po' incazzato, a questo punto non sa nemmeno se ritornare a casa perchè tanto la moglie, vestita di nero che sfina anche se è un colore un po' triste, nel mentre se la sta spassando col tizio che le ha regalato una rosa rossa malaspina.

Ma diciamocelo, la moglie non è del tutto cattiva e in fondo in fondo si sta già pentendo del tradimento e sta già pregando il suo Signore di dirlo lui al mare di farlo tornare.
E' solo stata indotta in tentazione della Raffaella che, passandola a trovare per farle gli auguri di buon compleanno, le ha detto che il suo corpo bianco e profumato è una moquette e che è tanto bello far l'amore da Trieste in giù.
E dato che qui siamo in Catalogna, parecchio più giù, le ha prospettato fuochi d'artificio. E lei porella c'è cascata.

Però ormai è ora di cena e i pesci, sempre arrivino, al massimo se li prenderà tutti in faccia e non ne rimarranno di certo per cucinare.
Quindi l'unica alternativa, a quest'ora, rimane quella di fare una fideuà vegetariana con le verdure dell'orto.
Aprendo l'uscio (?!) si è quindi trovato: qualche fava, qualche foglia di catalogna, per stare in tema, del cavolfiore viola, che ha dato quel bel colore di trasù de ciucc a tutto il resto, del broccolo, una manciata di pomodori secchi e mi pare basta.
Tutto è stato sbattuto insieme ed ecco il nostro piatto.

Ammetto che descrizione e foto non gli rendono giustizia ed è davvero un peccato perchè era veramente ma veramente buono. Credeteci. Credeteci?

E a parte qualche piccolo inconveniente con la padella la preparazione è filata liscia.
Dai, ammettiamolo, quelle bellissime paellere che vendono in Spagna sono come i mattoni nei pacchi da noi, con la differenza che almeno le padelle le puoi tenere in esposizione.
Io son rimasta doppiamente ciulata perchè non ne ho comprata una sola, bensì due.
Anche perchè sennò avrei scritto triplamente ciulata.
Una è quella della foto, diametro 30 cm circa. La seconda è diametro 50.
A cui poi ho dovuto costruire una stanza apposita per riporla insieme alla padella a saltare da 40 cm.
Che però almeno uso.
Ecco, per me quella di Hello Kitty dell'edicola funziona meglio. Ma non lo dico per esperienza, giuro.
Io in queste qui che ho, ogni volta che ho provato a cucinarci mi è venuta una merda.
Sono talmente sottili, in acciaio, con una conduzione del calore talmente pessima (pesserrima?) che la roba al centro scuoce e il resto rimane crudo.
Immaginate quindi quanto siano state gustose le mie paelle finora.

Stavolta ho voluto ritentarci, con quella piccola e con uno spargifiamma di quasi lo stesso diametro.
Un filo meglio ma ancora non mi ha convinto.
Senza contare il fatto che ogni volta dopo averle lavate (ogni volta...quelle due/tre in cui le ho usate) e ogni volta che ritorno e ogni volta che viene giorno, ci trovo la ruggine.
Machecazzo. Ma sono l'unica a cui hanno venduto padelle in acciaio ossidabile?? Che poi, l'acciaio non dovrebbe essere inossidabile per natura??
C'è da dire però che di sicuro nei prossimi esami del sangue mi troveranno i livelli del ferro perfetti. 
O magari del tetano.

Allora, partiamo col brodo. Recentemente ho provato a fare il dado vegetale a crudo e ho scoperto l'America. Anche se cercavo le Indie.
La ricetta la vidi tempo fa sul blog Beccaccini e Caccamus che purtroppo però ora è chiuso. Non so se per ferie o meno. (Estate, se mi leggi, ma perchè??!!! Pecchè?!! Era bellissimo!!!)
E poi l'ho rivista simile su Cucina Naturale. E così l'ho provato.
Ed è facile, veloce e buono. E' nel mio frigorifero da almeno due settimane e non è ancora andato a male. Quindi insomma, un po' dura. A livello temporale.
Per prepararlo basta frullare insieme un tot di verdure e aromi misti (io faccio stesso peso di carote, sedano e cipolla) con il 40% di sale. Poi va infilato in in un vasetto e tenuto in frigo.
Ecco, con un paio di cucchiai di sta pappina ho preparato il mio brodo.

Per la salsa di accompagnamento, che non è propriamente una salsa ma più un olio aromatizzato, ho frullato il prezzemolo con l'olio e poi l'ho filtrato.
Ho buttato l'olio e ho tenuto il prezzemolo.
Muhahah. No dai scherzo, è il contrario.

A dir la verità io c'ho provato a far l'aioli. Ma dopo cinque minuti al mortaio stavo diventando isterica e così ho frullato tutto. Ecco. Non ha funzionato. Forse perchè l'ho guardata troppo.

Poi per la fidueà invece ho preso la padella, ci ho messo l'olio e ho tostato la pasta.
Poi ho tolto la pasta e ci ho soffritto la cipolla.
Poi ho tolto la cipolla e ci ho saltato le fave.
Poi ho tolto le fave e ci ho saltato la catalogna.
Poi ho tolto la catalogna e ci ho saltato i cavoli.
Poi ho tolto i cavoli e ci ho saltato i pomodori secchi.
Poi non ci capivo più una mazza e così ho rimesso tutto insieme, ho coperto col brodo, ci ho messo il coperchio e me ne sono andata.

Con questa ricetta partecipo all'MTC di marzo



venerdì 25 gennaio 2013

I pici alla Luganega


Ingredienti per 4 persone:
250 gr di macinato di maiale
150 gr di grana padano grattugiato
un paio di cucchiai di vino bianco
qualche cucchiaio di brodo di carne (si può omettere)

200 gr di farina 00
100 gr di farina di semola rimacinata
2 generosi cucchiai d’olio extra vergine
1 pizzico di sale

La sfida di questo mese è stata tosta.
Non tanto per la pasta in sé, tanto che fosse un smaronamento già lo sapevamo tutti, come ogni pasta fatta in casa d'altronde.
Tanto è vero che quando ad Antonio chiesero: "Ok ti assumiamo. Preferisci fare i fusilli uno ad uno o i saccottini?"
Lui rispose: "No vi prego, la pasta no! Piuttosto parlo coi polli!".
E poi è finito a fare gli abbracci.
E sì, so che sono monotona e ogni tanto sta storia la tiro fuori, ma non posso farne a meno, è un'immagine che ha sempre il potere di risollevarmi il morale.
Dicevamo, che non è stata tosta per la preparazione in sé, quanto per il condimento.
Perchè diciamocelo, è facile (e qui mi verrebbe da citare un aforisma popolare che tratta di sederi degli altri, ma mi tratterrò) parlare di km 0 quando si abita vicino alla campagna in una terra meravigliosa (gnegnegne). Ma per quelli che abitano in città il cui unico km 0 è il super sotto casa come la mettiamo?!
Ma questo tanto non è il mio caso.
Facevo solo un po' di polemica gratuita.
Infatti io, nonostante abiti in una zona che fino a pochi anni fa era semi-periferica con ancora un po' di verde intorno ma che ormai là dove c'eeeera l'eeerbaaa ooora c'eeeè uuuun Auchaaaaaannnn, ho un pezzo di giardino nel quale abbiamo un piccolo orto e tre polli da compagnia.
Mi mancherebbe solo il mulino, giusto per tornare sul discorso di prima.
Anzi, per esser precisi, si tratta di tre galline femmine, chiamate amorevolmente da tutti "Le Ragazze".
E non chiedetemi come faccia a gestire tutto questo oltre ad avere un lavoro di 8 ore che mi tiene fuori casa 11, perché infatti semplicemente io non faccio una mazza; se ne occupa qualcun altro.
Altrimenti mi chiamerei Sarah Jessica Parker e avrei fatto un film.
Tornando alle ragazze, quelle che stanno in giardino, avere una gallina da compagnia in città è simpatico quanto avere un cane.
Con la differenza che non abbaia ma in compenso canta, è meno affettuosa, ti fa meno compagnia, è più autonoma, ti fa le uova, non ti porta il giornale e menchemeno le ciabatte ma in compenso scagazza uguale a un San Bernardo, se non di più. 
Anzi, in effetti ora che ci penso, a parte le uova, avere una gallina è una gran ciulata.
No dai scherzo, è bello sentirle cantare alle 5 del mattino.
E quindi insomma, questo per me è il mio km 0.
Solo che cazzarola, Patty, l'unica volta che ero bella pronta per fare una magnifica pasta all'uovo cosa mi tiri fuori tu??? La pasta di semola.
Eh ma allora ditelo.
Comunque l'uovo, anche se non potevo piazzarlo nell'impasto, ho deciso che in ogni caso avrebbe dovuto essere un punto fermo della mia ricetta semplice e contadina, perché d'altronde in passato chi non aveva almeno un cinque sei sette otto centordici galline nell'aia insieme al cane da menare?
Però mi mancava qualcosa di altro da abbinarci.
E che cos'è che abbiamo qui in Brianza oltre che alle fabbrichette, la fantomatica pecora e l'onnipresente casseoula?
La luganega.
Che non è quella porcheria sottile e lunga che vi rifilano al supermercato.
E no. Perché qui, nella brianzachelavora, non ci accontentiamo mica della semplice carne di suino. 
Eh no, noi, fin dai tempi antichi, ci aggiungevamo anche un sacco di grana padano e del vino bianco e del brodo di carne.
Che non ho ancora capito se servisse a renderla più pregiata o solo a far volume. 
Sta di fatto che il risultato è un qualcosa di delizioso, di cremoso, di saporito, che si scioglie in bocca.
E si dice che il modo migliore per gustare questa prelibatezza sia mangiarla cruda sul pane caldo. 
E si, so che la carne cruda di maiale dicono vada evitata per via della tenia, però dai se me lo dice un macellaio mi fido. 
Oddio. Mi fido???!
Beh ormai è tardi. Ormai è tardi!! Non si torna, comunque sia! e quanta nostalgia uh uh.
Eppoi comunque prendere il verme solitario c'ha sempre i suoi vantaggi: ci pensate a quanto potrò mangiare senza assimilare niente??
E quindi insomma, da qui alla carbonara sbagliata der norde il passo è stato breve.
Quindi ho impastato i miei pici seguendo rigorosamente la ricetta della PattyPat e poi ho fatto le mie polpettine di luganega.
Che, attenzione, non sarà quella del marchio depositato ma a me pare uguale (ma shhhh, ditelo a bassa voce).
Per i pici vi copio paro paro il procedimento della Patty, che è inutile far fatica in due:
"Fate la fontana con le due farine miscelate. Versate l’olio, il pizzico di sale e cominciate a versare lentamente l’acqua, incorporando la farina con una forchetta. Attenzione al sale. Non esagerate perché questo indurisce la pasta.
Quando la pasta comincerà a stare insieme, cominciate ad impastare con energia utilizzando il palmo delle mani vicino ai polsi. Se necessario, aggiungete acqua o farina.
Piegate la pasta su se stessa come quando impastate la pasta all’uovo e non stirate mai troppo l’impasto per non sfibrarlo.
“Massaggiate” con energia per almeno 10 minuti. Ricordatevi che la vostra “palla” di pasta è una cosa viva, dovete volerle bene.
Dovrete ottenere una pasta liscia, vellutata e abbastanza morbida.
Fate riposare una mezz’ora avvolta nella pellicola.
Quando la pasta è pronta, tagliatene un pezzetto e fatene una pallina, quindi sulla spianatoia stendetela con il matterello ad uno spessore di 1 cm. Con un tagliapasta o un coltello affilato, tagliate tante striscioline larghe c.ca 1 cm e coprite il resto della pasta con la pellicola affinché non si secchi.
Cominciate a "filare" i pici, rollando la pasta con il palmo delle mani e contemporaneamente stirandola verso l'esterno." 
Per le polpettine invece mischiate la carne tritata con grana, brodo di carne, un goccio di vino, sale e una spolverata di pepe.
Amalgamate bene e formate delle palline grosse come nocciole giganti (?!).
Scaldate una padella antiaderente, versateci un filo d'olio e rosolatele velocemente a fuoco alto in modo da farle rimanere rosate all'interno.
Sbattete 2 tuorli in una ciotola capiente, versateci la pasta bollente appena scolata, aggiungete le polpettine e mischiate il tutto.
Servite con abbondante pepe.

Con questa ricetta partecipo all'MTC di gennaio.


domenica 25 novembre 2012

Arancine alla Milanese


Ingredienti per 18 arancine:

Per il riso
1 kg di riso Carnaroli
2,5 l circa di brodo vegetale (con carota, cipolla, sedano)
50 stimmi di zafferano
70 g di burro
50 g di parmigiano grattugiato
una cipolla medio-piccola
olio evo q.b.
sale q.b.
tre cucchiai di farina di riso

Per il ripieno
quattro ossibuchi di vitello o vitellone
2 cucchiai di farina
mezza cipolla
mezza carota
burro e olio
un po' di brodo
buccia di limone
prezzemolo
1 acciuga

Per la lega (ne resterà molta, ma occorre poter immergere bene l'arancina)
800-900 ml d'acqua
la metà di farina
una manciata di sale

Per la panatura (ne resterà molto anche qui)
700-800 g di farina di mais fine

Olio di semi per friggere

Quando ho visto che la Robi aveva vinto questo MTC un po' mi sono emozionata dato che lei è una delle foodblogger che conosco da più tempo, che mi sta tanto simpatica, che fa delle ricette meravigliose, che mi insegna un sacco di cose sulla sua Sicilia e sì beh insomma, diciamocelocelocelo (alla Marchesini), è una di quelle a cui sono più affezionata. 
E tra l'altro è pure colei che mi ha iniziato all'MTC. 
Che mi ha spinto nel tunnel. Che mi ha inglobato nella setta. 
Che mi ha convinto ad entrare in questo giro di gente pazza che si sfida e cucina la stessa cosa a scadenze e sotto pressione.

Cazzo Robi ma in effetti siamo sicuri che anche io ti stavo simpatica?! 

E quindi insomma, questo mtc era particolamente sentito. 
E pensa che ti ripensa per trovare qualcosa di adatto, alla fine ho avuto una folgorazione. 
Maledetto phon. 
E ho pensato: ma se l'arancina al posto che nascere in Sicilia fosse nata a Milano, come sarebbe stata? 
A parte cocainomane, snob e alla moda. 
Di sicuro ci si sarebbe trovato dentro del Carnaroli, dello zafferano e dell'ossobuco. 
E al posto del pangrattato probabilmente della farina di mais. 
E quindi ecco, io ho proseguito su questa strada e ho fabbricato un aranciun. 
O un'aranceoula. O ciamala cume ti par, pirletta.

Come insegna Robi il riso e il ripieno vanno preparati con qualche ora d'anticipo in quanto al momento dell'assemblamento delle arancine devon esser freddi.
Per il risotto fate imbiondire la cipolla in qualche cucchiaio d'olio, aggiungete il riso e fatelo tostare per un paio di minuti, unite lo zafferano e il brodo un mestolo alla volta e portate a cottura (al dente). Fuori fuoco mantecate con burro e parmigiano.
Nel mio caso per aumentarne la cremosità, dato che il mio riso non ha rilasciato molto amido, ho aggiunto durante gli ultimi cinque minuti di cottura tre cucchiai di farina di riso. 
Per il ripieno invece prendete gli ossibuchi, infarinateli leggermente e fateli rosolare a fuoco alto in una padella con qualche cucchiaio d'olio e una noce di burro.
Aggiungete il trito di cipolla e carota, rosolate per qualche minuto, aggiungete un mestolo di brodo, coprite con il coperchio ed abbassate il fuoco al minimo. 
Fate cuocere così per circa un'ora e mezza controllando ogni tanto che la carne non stia diventando un tutt'uno con la padella e nel caso aggiungete poca acqua o brodo. 
Fuori dal fuoco aggiungete la gremolada preparata tritando la buccia di mezzo limone con qualche filo di prezzemolo e un acciuga.
Una volta tiepidi tritate gli ossibuchi al coltello o spezzettateli con le mani aggiungendo il sughetto rimasto sul fondo della pentola e il loro midollo.
Raffreddate riso e ripieno in frigo per almeno 3 o 4 ore.

Per formare le arancine invece vi invito a guardare il suo dettagliatissimo precisissimo e bellissimo post che, riassumendo, dice di preparare le palle di riso con le mani umide, farle riposare in frigo per una mezz'ora, ritirarle fuori e farci il buco premendo col dito, infilarci il ripieno, richiudere, immergere nella lega preparata mischiando con una frusta la farina, l'acqua e il sale, far sgocciolare per qualche minuto sulla carta da forno, rotolare nella farina di mais e friggere per due tre minuti in olio profondo fino a doratura.

Con questo post ringrazio Robi per la meravigliosa ricetta e partecipo all'MTC di novembre.


domenica 28 ottobre 2012

Il pane dolce alla crema speziata di noci


Ingredienti:
250 gr di farina 0
250 gr di farina di farro integrale
2 uova medie
100 gr di zucchero di canna
1 cucchiaino di lievito di birra secco
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 gr di sale
semi di lino, girasole e zucca
un tuorlo per spennellare 
 
Per il ripieno:
100 gr di noci sgusciate
3 cucchiai di miele d'acacia
un cucchiaino di spezie miste in polvere (cannella, zenzero, anice stellato, chiodi di garofano, noce moscata, cumino

Quando ho visto la ricetta di questo mese dell'MTC prima ho esultato per il fatto fosse un lievitato dolce, poi ho iniziato a sudare freddo pensando si trattasse di qualcosa di serio e anche un po' sacro e che avrei dovuto autocensurarmi nello scrivere il post perchè questa volta non sarebbe stato il caso di fare la cazzona come al solito.
Merda ho detto cazzona. Oddio ho detto merda. Oddio ho detto Oddio.
Ecco. Lo sapevo che non avrei dovuto essere blasfema. 
E che per questo sarei stata punita.
Infatti ho dovuto rifare questo pane tre volte per ottonere un risultato decente.
La prima volta è rimasto appiccicoso e non ha lievitato a dovere.
La seconda non è lievitato comunque e in più mi è rimasto crudo in mezzo.
La terza è andata un po' meglio. 
Ma ho rischiato di perdere denti e frullatore dato che mi sono rimasti in mezzo accidentalmente dei gusci di noci.
Chissà cosa mi sarebbe capitato se ci avessi provato una quarta.
E sono comuque riuscita ad ottenere solo una treccia dato che l'impasto era talmente piccolo ed elastico da riuscire malapena a farci tre pezzi.
E già che ci siamo, questa mi pare anche l'occasione giusta per confessare che le prime due volte ho usato dell'olio di semi di girasole al posto dell'extravergine, avendo in casa solo dell'olio d'oliva molto forte, e che per qualche momento mi anche è passata per l'anticamera del cervello l'idea di non dirlo, che tanto dalle foto non è che si sarebbe capito, ma il pessimo risultato ottenuto è stata solo l'ennesima riprova che da lassù qualcuno mi osserva. 

Come ricetta ho eseguito alla lettera quella di Eleonora, che è spiegata benissimo nel suo post, sostituendo solo metà della farina 0 con farina integrale di farro e lo zucchero bianco con quello di canna.
Per il ripieno invece ho preso 100 gr di noci sgusciate e le ho frullate con un paio di cucchiai d'acqua fino ad ottenere una crema omogena.
Ho ridotto in polvere un anice stellato, un cucchiaino di chiodi di garofano, un cucchiaino di cannella, mezzo cucchiaino di cumino, mezzo cucchiaino di zenzero in polvere, mezzo cucchiaino di noce moscata.
Ho aggiunto un cucchiaino abbondante di queste spezie alle noci e ho messo via il resto che non è che potevo frullare solo 5 grammi di roba.
Ho aggiunto tre cucchiai di miele d'acacia e con questo composto ho farcito i salami da arrotolare per fare la treccia.
Ho spennellato poi con del latte (muahahah non è vero era un tuorlo, l'ho detto solo per vedere se i giudici erano attenti) e ho cosparso con un mix di semi di lino, girasole e zucca.
Ho cotto come da istruzioni. 

Con questa ricetta partecipo all'MTC di ottobre.







giovedì 27 settembre 2012

Pasqualina Bollywoodiana


Ingredienti per una torta da 22 cm di diametro:
200 gr di farina manitoba
100 gr di farina integrale
80 ml di vino bianco secco
80 ml d'acqua
un pizzico di sale
30 gr di olio extravergine
200 gr di patate
200 gr di carote
200 gr di cipolle
una manciata di piselli
un cucchiaio di burro chiarificato o di olio
un cucchiaino abbondante di masala indiano per verdure (o curry)
un cm di zenzero grattugiato o la buccia di un limone


I capelli nella mia vita sono sempre stati una costante: tantissimi e dovunque. 
Come i peli tra d'altronde. 
Ma certe cose forse non le volete sapere. O forse non dovrei dirle io. 
Che poi il risultato è lo stesso, un po' come nell'addizione quando sposti gli addendi.
Vi basti sapere che da adolescente quando mi feci bionda (intendo i capelli) qualcuno simpaticamente osò soprannominarmi saggina. 
Come la scopa.
E penso si riferisse solo alle sembianze. Almeno credo.
Comunque e quantunque, a parte il dovunque personale, è il dovunque temporale la parte preoccupante (ma se temporale è riferito al tempo cosa si usa per riferirsi al luogo?).
Infatti la mia vita, purtroppo, è stata segnata da una serie di ritrovamenti capelliferi avvenuti nei momenti meno opportuni. 
Ovvero ad ore pasti.
Ricordo ancora la volta in cui in un ristorante ne trovai uno lunghissimo in un hamburger. E non vinsi nemmeno niente.
Senza contare poi i vari nella pizza, nella pasta, nelle patate. E così via.
C'è chi narra addirittura di averne trovati ripetutamente nel liuk.
E c'è anche chi sostiene che il cibo più infimo in cui è difficilissimo individuarli siano appunto le torte salate. Quelle di spinaci in particolare. E che per questo motivo le abbia totalmente eliminate dalla propria dieta.
E dato che io non sono per niente suggestionabile (infatti è solo per puro caso che da quando vidi Urban Legend, 15 anni fa, ogni volta che salgo in macchina la sera io controlli sempre i sedili posteriori), nel dubbio, no spinaci no party. 
Ma Martini welcome. E anche George. Imagina.
E quindi alla fine, pensa che ti ripensa, ci ho ficcato dentro il ripieno che uso nei samosa, dato che attualmente sono nel trip della cucina indiana.

Per la pasta ho ovviamente seguito fedelmente la favolosa ricetta della Vitto.
Ho quindi impastato le farine con i liquidi, lasciato riposare per un'oretta, diviso l'impasto in cinque palle, steso sottilissimamente ognuna, adagiate le prime tre tutte ben spennellate d'olio nella teglia, messo il ripieno e coperto con le ultime due sempre belle unte.
Quando poi è arrivato il momento di fare la cosa più divertente (ovvero sputacchiare dentro ad una cannuccia infilata nel bordo per gonfiare l'ultima sfoglia), la mia era già gonfissima di per sè e quindi non è stato necessario farlo.
Misteri della sigillatura e del sottovuoto inverso. Oppure la solita sfiga.
Per il ripieno invece, sminuzzate carote e cipolle e fatele leggermente soffriggere a fuoco basso nel burro o nell'olio. Aggiungete le patate tagliate a piccoli cubetti, i piselli, coprite a filo con acqua e un pizzico di sale e fate cuocere fino allo spappolamento totale (ci vorranno almeno 45 minuti).
A fine cottura, ovvero quando avrete ottenuto un quasi-purè abbastanza asciutto, aggiungete le spezie. E no, furboni, non vale frullarlo perchè i pezzettini devono rimanere e si devono sentire.
Assemblate ora la torta nel giusto ordine nonostante io abbia spiegato prima la pasta e poi il ripieno avendo cura di non mettere il ripieno sopra la torta o peggio sotto perchè ormai avete usato tutte le cinque sfoglie disponibili e quindi l'avete già chiusa, e cuocete a 180° per circa 45 minuti.
Servite tiepida o anche fredda che sennò vi si spalma sul tavolo.

Ovviamente con questa ricetta partecipo all'MTC di settembre


martedì 17 luglio 2012

Un gelato da sturbo


Ingredienti per 950 gr di gelato alle arachidi:
500 gr di latte intero
2 uova intere
200 gr di zucchero
150 gr di pasta di arachidi in purezza
5 gr di farina di semi di carrube
un pizzico di sale
Per le arachidi caramellate:
una manciata di arachidi
pari peso di zucchero

Dato che oggi si parla di gelato e quindi di formule matematiche, di calcoli e di freezer, ho pensato di raccontarvi qualcosa a tema, con annesso problema del giorno. 
Mi pre-scuso per eventuali errori e orrori di forma e sostanza ma d'altronde non sono mica Will Hunting.
Quesito:
indica quante sono le probabilità che le seguenti variabili casuali si verifichino nell'arco delle medesime 12 ore. Descrivi le eventuali conseguenze nel caso in cui le stesse si intersechino tra loro e trova il risultato x:

a+b+c+d+e = x
   365x0,5

variabile a: freezer pieno, stipato manco fossimo in tempo di guerra
variabile b: temperatura maggiore di 30° ma inferiore a 40°
variabile c: contatore che salta alle 8 del mattino a ciel sereno, senza il famoso fulmine
variabile d: sportello del freezer accostato, non chiuso
costante e: casa vuota per assenza lavorativa

Soluzione:
Le probabilità che tutte queste variabili si verifichino nelle medesime 12 ore sono pari a quelle che si hanno di vincere il superenalotto. Ovvero una su 5478654643154343154756.
Le eventuali conseguenze, non necessariamente in questo ordine, sarebbero:
crisi di pianto isteriche, inveizioni contro se stessi e gli altri, scomodamento dei vari santi, accuse e illazioni al gestore di energia elettrica, al produttore del freezer, al datore di lavoro, al meteorologo e alla commessa del supermercato e a tutti i presenti.
Il risultato x sarebbe invece pari a diverse ore di incazzatura così suddivise: 1 ora impiegata come sopra in sfoghi di primo soccorso, 2 ore per la cernita e salvataggio del salvabile, 2 ore per la cottura del salvato, 1 ora per lo stoccaggio dello stesso, 1 ora per lo smaltimento rifiuti, 1 ora per la pulizia e disinfettamento locali.

E nonostante la mia fervida immaginazione, come i più scaltri avranno già intuito, la suddetta situazione non è ahimè, immaginaria ma bensì l'incarnazione di uno dei peggiori incubi di una foodblogger, concretizzatosi una delle scorse sere.
L'emergenza per fortuna ormai è superata ed avrei anche potuto propinarvi per giorni una serie di ricette svuota freezer ma, dato che oggi mi sento magnanima, vi proporrò invece un gelato.
Sappiate che lo faccio solo per non perdere l'MTC di questo mese alla quale mi sono appena iscritta, e che da domani vi spiegherò invece come preparare una cena a base di spiedini congelati, scongelati, cotti, ricongelati e ricotti, o meglio di come riuscire a mangiarli senza perdere gli incisivi, oppure di come preparare un sugo di pesce buttando in una pentola una serie di esemplari misti semi congelati con del pomodoro, condirci della pasta, accorgersi che è venuto una merda e gettare tutto nell'umido.
Ma oggi invece no. Oggi parliamo di gelato. Ma non di un gelato qualsiasi. No, oggi parliamo di un gelato da sturbo. Ovvero: il gelato alle spagnolette.
Tempo fa vi raccontai della mia avversione verso la pasta di arachidi. Ebbene, ora mi sento in dovere di confessarvi che dietro le quinte c'è stata un evoluzione e che ho scoperto una nuova dipendenza. 
E' che forse mi sono solo accorta che il burro d'arachidi è come l'arte, che per apprezzarla bisogna metterla da parte. Difatti io l'ho messo da parte e me lo sono magnato. 
E quel suo retrogusto un po' salato, come nel caramello, ho scoperto che mi fa impazzire. Mannaggia agli americani.
Ma facciamo un po' di chiarezza e apriamo un siparietto, dato che sono sicura che alcuni di voi al solo pensiero della parola "burro di arachidi" siano inorriditi e siano già corsi a controllare il numero di kcal per etto. Il burro d'arachidi, anche se si chiama così e ha fatto fuori Elvis, non è il demonio.
Le arachidi sono antiossidanti naturali, sono una buona fonte di vitamine e sali minerali vari e contengono grassi per lo più monoinsaturi (che per intenderci sono quelli buoni, gli stessi dell'olio d'oliva) quindi, in quantità moderate, come tutto del resto, fanno bene. 
E poi, anche se alla fine erroneamente lo chiamo in tutti e due i modi, c'è una differenza tra pasta di arachidi e burro d'arachidi. La prima, che è quella che utilizzo io, è pura e contiene solo i semi frullati; Il burro d'arachidi invece è addizionato con sale, zucchero e olio di palma. Quest'ultimo è invece un grasso saturo, per intenderci quello bastardo che, se assunto in dosi massicce, aumenta i rischi di malattie cardiovascolari. 
Quindi occhio anche alle etichette e se volete approfondire la storia dei grassi basterà fare una breve ricerca in rete.

Tornando alla nostra ricetta, la percentuale di grassi e zuccheri è stata da me studiata in base a tabelle e calcoli vari per cui, ammesso che la mia calcolatrice non sia rotta, io non abbia sbagliato i conti, non abbia visto le tabelle sbagliate, non abbia sbagliato a digitare, potete star sicuri (?!??! muahhah) che questo gelato è correttamente bilanciato. 
Più nel dettaglio, come ho imparato ad un corso, i grassi in un buon gelato casalingo non devono superare il 15% per conferirgli la giusta cremosità e gli zuccheri devono essere compresi tra il 15 e il 25% per gelare in modo opportuno.
In questa ricetta come grassi ne abbiamo 10 gr dai tuorli, 17,5 gr dal latte e 75 gr dalla pasta di arachidi (totale 102 grammi che su 950 gr totali di peso corrispondono all'11%) mentre di zuccheri ne abbiamo 27,50 gr dal latte e 200 gr dallo zucchero (totale 227,50 gr che corrispondono al 23,9%).
Nel post della bravissima Mapy poi, se vi interessa, trovate una serie di approfondimenti molto dettagliati e molto interessanti sulla chimica del gelato.
Per quanto riguarda la preparazione invece mi sono attenuta alle regole dell'MTC e della ricetta di Mapy e sono partita da una crema inglese (ma dopo vi spiego come invece avrei proceduto io).
Ho montato quindi le uova intere (gli albumi li ho tenuti perchè aumentano la cremosità del gelato) con lo zucchero finchè il composto scriveva, ho aggiunto il latte a filo e ho rimesso tutto sul fuoco fino a raggiungere 85°, sempre mescolando. Ho aggiunto la pasta di arachidi e ho abbattuto la temperatura immergendo la pentola in acqua e ghiaccio. Ho fatto raffreddare una notte in frigo, ho aggiunto la farina di semi di carrube (come addensante), ho frullato con un minipimer e ho messo tutto nella gelatiera per circa 20 minuti.
In alternativa, il mio procedimento è invece di mettere in una pentola tutti gli ingredienti insieme (tranna la farina di semi di carrube che va sempre aggiunta all'ultimo prima di mantecare il gelato), mescolare e portare a 65°, far raffreddare sempre una notte in frigo, aggiungere la farina di carrube, frullare e infilare nella gelatiera.
Per le arachidi caramellate, che danno un tocco croccante irrinunciabile, mettetele in un pentolino con pari peso di zucchero, un pizzico di sale e un goccio d'acqua.
Lasciate andare a fuoco basso per circa 15 minuti finchè lo zucchero tornerà a sciogliersi dopo essersi cristallizzato. Mescolate per mischiare bene il tutto, rovesciatele su un pezzo di carta da forno e fate raffreddare.

Con questa ricetta partecipo all'MTC Challenge di Luglio