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mercoledì 25 giugno 2014

Quasi gazpacho



Siamo sinceri: il food, i foodblog e la rete mi hanno veramente un po' rotto le palle.
Com'era sospettabile, tutto questo parlare vedere toccare guardare venerare il cibo mi ha fatto passare perfino la voglia di cucinare.
Sono addirittura tornata a prendere la pizza e il cinese d'asporto e le platesse impanate.
Il che è tutto dire.

E poi l'ostentazione, i selfie, la gara a chi ce l'ha più lungo, le cose dette a metà, il commentami tu che ti commento anche io.
Che due coglioni.
Insomma, arrivata ad un punto di saturazione semplicemente mi sono fermata.

Ma poi dato che sono una stronza egocentrica eccomi di nuovo qui.

E questo era quanto pensavo qualche mese fa.
Ma ormai si tratta di tutte cose che ho dimenticato quindi posso andare oltre.
E no, non ho fatto assolutamente niente nel frattempo.
Non ho progetti in caldo e non mi sto occupando di niente di nuovo nell'ambito food.
O almeno non in senso stretto.
Sono solo stata occupata a mettere la pagnotta nel forno.
Per dirla alla gastrofighettese.

E lo dico solamente perché magari c'è qualche sponsor all'ascolto al quale poter vendere il c**o per qualche gadget gratis.
Tipo magari un trio ultraleggero modernissimo fighissimo che tanto non comprerò mai dato che sono contro gli sprechi e il consumismo e andrò solamente di roba riciclata.
O magari qualcuno che voglia farmi testare dei pannolini lavabili.
Che quelli ovviamente li prenderei nuovi.
O un lettino montessorriano.
Per dire.

Insomma, che il mondo del marketing lo sappia, sto per entrare in un nuovo target.
Ma non diventerò un fottutomommyblog.

A meno che non mi venga richiesto, ovviamente.

E comunque che io non stia più cucinando mi pare chiaro.
E qui vado in loop con le prime righe.

Il massimo che mi permetto di fare è prendere della roba dal frigo, come dei pomodori ben maturi cetrioli mollicci peperoni in avanzo pane secco cipolla aglio e così via, buttarla nel frullatore con del ghiaccio, aceto balsamico, olio, sale e pepe per poi arenarmi sul divano

sabato 30 novembre 2013

Un ingrediente per due: il porro



Leggendo e rileggendo i commenti al blog, finisco spesso col chiedermi perché io continui a faticare per far ricette e foto quando tanto qui vengon tutti solo per quello che scrivo senza cagare il resto.
E sia chiaro che la cosa mica mi dispiaccia anzi, dato che di solito il problema degli altri blog è che la gente guarda le foto senza leggere il testo e così capita che magari uno ha scritto che è devastato perché ha appena investito il suo cane in retro e i commenti sotto sono tutti un "brava, bella ricetta! Ricetta golosissima! Sembra buonissimo!"
Quindi insomma, di certo non mi posso lamentare. Anzi, in fondo questa consapevolezza riduce la mia ansia da prestazione e posso così permettermi di pubblicare post anche quando le foto fanno un po' pena o quando la presentazione non è delle migliori.

Ad esempio infatti potrebbe capitare io posti tranquillamente una ricetta ottima che sembra però un mappazzone e con una foto che ha delle dominanti strane che non riesco o non ho voglia di eliminare. 
Ogni riferimento a persone o cose......
E non è che non abbia voglia così per così, è solo che sono nuovamente a casa raffreddata e con la febbre. 
E per quanto mi piacerebbe dirvi che adoro fare e rifare le ricette finché non mi vengono perfette, che amo atteggiarmi a scrittrice di bestsellers e che adoro stare qui seduta davanti alla tastiera con la mia tazza di te fumante, la neve che cade fuori, il gatto che dorme sul divano e la musica di sottofondo, la realtà è che non ho voglia di scrivere e men che meno di rifare ravioli o sistemare foto perché mi fa mal la testa, scatarro sul monitor ogni due per tre, continuo a soffiarmi il naso e per giunta questo cazzo di te è ustionante dato che come al solito ho fatto scaldare troppo l'acqua. 
Ah, e il gatto ovviamente è un personaggio di fantasia.

E così vi prevengo e vi dico che sì lo so che la salsa ai porri è grumosa e forse pure un po' troppa, ma il frullatore che frulla bene era in lavastoviglie e così ho dovuto usare quello che frulla male e so che vi state chiedendo che se frulla male allora cosa lo tengo a fare ma io che sono la regina delle caccavelle, che peraltro dio-che-brutto-nome tanto quasi quanto caco, argomento sul quale tornerò dopo, lo tengo perché fa parte di uno di quegli aggeggi infernali tipo 4 in 1 che fanno 4 cose mediocri al posto di una bene e perché poi comunque la frutta secca per esempio la trita bene. 
Ma poi mi chiedo anche a dir la verità che cosa ve ne frega a voi di quanti frullatori io abbia e per quale motivo debba star qui a giustificarmi su quello che uso e non uso. Ma dove siamo finiti??!

Tornando al caco, non so se avete mai pensato quanto questo nome abbia penalizzato un frutto peraltro buonissimo e mi chiedo chi possa esser stato tanto simpatico da avergli affibbiato un nome così del cazzo. 
Dai, c'è gente che non mangia il caco perché si vergogna a chiederlo al fruttivendolo. 
Per non parlare poi dei suoi derivati. 
Ve lo immaginate Montersino dietro al banco della pasticceria che chiede alla sciura di turno: Signora, cosa preferisce oggi? Abbiamo una fantastica crostata ai marron glacè o la torta al CACO. Cosa sceglie? Maddai. 
Mi spiace per lui ma è un frutto troppo sfigato. Conosco gente che addirittura va avanti a ridere da sola sei ore al solo pensiero di entrare in un bar e chiedere un succo al caco. Che poi appunto, non vi siete mai chiesti come mai il succo di caco non esista? Ma ovvio, perché il nome fa cagare! Tanto che nemmeno Don Draper riuscirebbe a venderlo!
E comunque su questo argomento avrei voluto farci un post. 
Il riscatto del caco. 
E infatti tentai una torta che sulla carta sembrava molto promettente. Una roba tipo patate lesse, uova, poca farina, zucchero, cioccolato fondente e caco. Una sorta di budino da cuocere a bagnomaria che sembrava una gran figata e invece alla fine era una cacata colossale. Giusto per stare in tema.
Anche se mi sa che una grossa parte della colpa era da attribuirsi al cioccolato fondente che aveva preso prepotentemente l'aroma dell'olio essenziale di menta che sparsi tempo fa negli stipetti per tenere lontane farfalline.

E le farfalle son sì scomparse ma ogni cosa adesso sa di dentifricio. 
Pure le acciughe.
Proprio belli i rimedi della nonna. Mh.

Ma sto divagando. E' la febbre. Ne sono certa.
Quindi ora vi saluto e vi lascio al porro. Prima che sia troppo tardi.

Grazie, al solito, a Comandante Amigo.

"Il porro (Allium ampeloprasum) è un parente dell’aglio (Allium sativum) e della cipolla (Allium cepa)?
Bè, a leggere i  nomi scientifici di questi ortaggi, direi di si! E anche pensando al profumo ed alla capacità di fare lacrimare i nostri occhi…
Il porro è una pianta erbacea biennale, coltivata però a ciclo annuale, monocotiledone (cioè con una sola foglia embrionale all’interno del seme) di origine mediterranea e di cui si utilizzano in ambito culinario le parti terminali delle foglie (la parte bianca) e il piccolo fusto al quale le foglie sono attaccate, che altro non è in questa pianta che un ridotto disco da cui si diramano le radici che invece vengono eliminate prima dell’utilizzo. Il fiore biancastro è ombrelliforme e si origina nel secondo anno di vita.

Esistono molte varietà di porri coltivati nel nostro paese e queste sono classificate in base alla lunghezza del "fusto" e in base all'epoca di produzione.
La tecnica di coltivazione del porro prevede solitamente la semina in vivaio e il successivo trapianto in pieno campo quando le piante hanno raggiunto un’altezza di circa 20-25 cm. Difficilmente si effettua la semina diretta poiché è più difficile controllare le infestanti e perché si ottengono porri di differente pezzatura. Le varietà precoci vengono trapiantate a densità a mq maggiore, mentre per le varietà tardive la densità a mq decresce per facilitare il rincalzo che è quella tecnica che consente di aumentare la parte bianca dell’ortaggio e la resistenza al freddo.
La raccolta avviene quando la dimensione dell’ortaggio in termini di diametro raggiunge i 2/3 cm e ciò avviene solitamente dopo 3/4 mesi dal trapianto e dopo la raccolta vengono eliminate le foglie più esterne, quelle più dure, mentre le altre vengono tagliate una quindicina di cm sopra il termine della parte bianca. Il porro, pulito, si conserva facilmente in frigorifero anche per più di un mese.

Tra le varietà di porro presenti in Italia vale la pena ricordare quella di Cervere, un piccolo paese della provincia di Cuneo, dove annualmente in novembre si tiene la fiera dedicata a questo ortaggio. Dal sito web dedicato a questo porro si evince che la combinazione tra il terreno particolare dove si coltiva (limo, sabbia fina e calcare, combinazione abbastanza rara in natura) e il microclima con luminosità buona ma non violenta, permette di ottenere porri assai lunghi e teneri con basso contenuto in lignina e cellulosa (sostanze difficilmente digeribili almeno che voi non siate dei ruminanti!). Il fatto che il Porro di Cervere è più tenero, più dolce e più digeribile è da imputare quindi alle caratteristiche pedoclimatiche del sito ove viene coltivato.


Per finire una curiosità: l’imperatore Nerone (quello che forse diede fuoco a Roma per potersi costruire la Domus Aurea) veniva chiamato porrofago perché era un grande mangiatore di porri che utilizzava per schiarirsi la voce… ecco perché nei suoi ultimi anni di vita, prima di essere deposto e di suicidarsi, si ritirò con le sue paranoie nei palazzi per dedicarsi all’arte e alla musica… e chi gli stava più vicino!"

Ecco qui la mia ricetta e qui quella di Serena:

Ravioli alla burrata e porri

Ingredienti per 4 persone:
150 g di semola di grano duro
150 g di farina 0
3 uova
una decina di pistilli di zafferano
un pizzico di sale
olio extravergine
500 g di burrata
2 porri medi

Preparate la pasta come al solito mischiando uova e farina e un cucchiaio d'olio. Giusto per questa volta pestate in un mortaio lo zafferano con un cucchiaio d'acqua calda fino a farlo sciogliere ed aggiungetelo all'impasto. Fate una palla e fate riposare per una mezz'ora.
Stendete sottilissimamente la pasta del tipo che la sfogliavelo Rana ci fa na pippa, fate dei tondi o quello che volete, riempite con un cucchiaino di burrata che avrete preventivamente tagliuzzato grossolanamente al coltello, chiudete, schiacciate bene i bordi e cuocete per un paio di minuti in acqua bollente.
Per la salsa ai porri sminuzzate la parte bianca con quasi tutta la parte verde, avendo cura di tenere da parte un paio di foglie interne che faremo seccare in forno ma che vi spiegherò dopo che sennò qui diventa un casino, e fatela appassire in padella a fuoco minimo con un paio di cucchiai d'olio.
Quando il porro sarà bello morbido frullatelo con un goccio d'acqua e un goccio d'olio crudo con un frullatore che funzioni bene fino ad ottenere una salsa liscissima che andrete a spiattellare a specchio sul fondo dei piatti.
Tagliate sottilmente le foglie che avete tenuto da parte, conditele con sale e poco olio e fatele seccare in forno a 140° C fino a quando diventeranno belle croccanti, avendo cura di controllarle spesso che bruciano in un attimo e poi ciao.
Scolate i ravioli e passateli un secondo in padella con poco olio per farli asciugare e assemblate il piatto.
PS la burrata può essere sostituita con la bufala ma non è una grande idea perchè rimarrà leggermente gommosa.


venerdì 23 marzo 2012

Portafogli di salmone e verdure


Ingredienti per 4:
250 gr di sfoglia
4 tranci di salmone
1 carota
1/2 costa di sedano
1/2 cipolla
1 tuorlo d'uovo per spennellare
semi di senape
sale e pepe qubi

Comprare il salmone va un po' contro i miei principi, basta fare una ricerca in rete per capire che sarebbe meglio evitare di farlo.
E' un pesce che ormai si trova sempre e comunque, dovunque, ovunque e quantunque e ovviamente gli stock di quello selvaggio stanno finendo, cosa d'altronde prevedibile.
Io me li immagino gli ultimi salmoni rimasti che escono con occhialoni da sole, cappello, impermeabile e parrucca bionda per non farsi riconoscere sopraffatti dall'istinto di sopravvivenza.
Mi scusi, lei è un Salmo-Salar? - No, sono Raffaella Carrà. - Carramba!!!. Oppure che si mettono la tutina in lattice con gli spuntoni per sembrare un pesce palla o che stanno a pane ed acqua (tipiacevincerefacile) per mesi per assomigliare ad una sogliola. O che si fanno le righe bianche ed arancioni con la vernice per sembrare un pesce pagliaccio. Oppure cheeeee...Ok, la smetto.
L'altra categoria da evitare di acquistare è il salmone da allevamento intensivo. Avete presente i pendolari su un treno in orario di punta? Ecco, immaginateli chiusi lì dentro per ore senza un wc, aggiungeteci uno scagazzamento collettivo per squaraus e poi provate ad immaginare i sedili (oltre ai sederi). Ecco, ora potete avere solo una lontana idea di come possono essere il fondale e l'acqua nelle zone di allevamento (ma di problemi ce ne sono anche altri eh?!).
Okokokok poi però c'è da dire che il salmone è buonissimo, è semplice e veloce da cucinare e in effetti mi piace proprio un casino. Per me è un po' come i biscotti "mangiami" per Alice, o la mela per Biancaneve, o la bella addormentata per il principe, o i setti capretti per il lupo...vabbè avete capito.
Per cui insomma, non dico di non comprarlo più assolutamente, ma forse come in tutte le cose ci vuole solo la giusta dose di razionalità; io personalmente fin quando ero beatamente ingenua lo compravo spesso, ma dacchè mi sono informata cerco di limitare i miei consumi a quelle 3/4 volte l'anno in cui proprio non riesco a resistere.
E questa è stata una di quelle volte (soprattuto perchè non l'ho comprato io ma me lo sono trovato in casa).
Ok, dopo questa opera di proselitismo ora vi racconto la ricetta: prendete la pasta sfoglia e tagliatela in quattro; adagiateci sopra ognuna un filetto di salmone a vostra misura, le vostre belle verdurine tagliate a julienne, condite con sale e pepe, chiudete a portafoglio, fate dei taglietti trasversali, spennellate col tuorlo sbattuto, cospargete coi semini di senape e infilate in forno caldo per 25 minuti a 180°.

martedì 28 febbraio 2012

Crema di carote, arancia e cardamomo


Ingredienti per due persone:
400 gr di carote (circa 4-5)
un'arancia
4 bacche di cardamomo
olio extravergine
sale qubi
pepe qubi

Prendete le carote e lavatele per bene. Tagliatele a pezzi e mettetele in un pentolino con la buccia di mezza arancia (solo la parte arancione, il bianco è amaro), i semini che trovate dentro le bacche di cardamomo, un cucchiaio scarso di sale. Coprite a  filo con l'acqua e cuocete per circa 30 minuti. Aggiungete il succo dell'arancia, qualche cucchiaio d'olio e frullate tutto per bene.
Oh mi spiace ma non mi viene niente di divertente da aggiungere...ma per non lasciarvi così col fiato sospeso e per farvi dormire tranquilli copierò la prima barzelletta che esce a random da google. Vediamo quanto siete fortunati oggi:
"Lanciata sul mercato una nuova lavatrice: 1 morto e 4 feriti".
Ok, direi che la vostra oggi sarà una giornata di merda.

mercoledì 15 febbraio 2012

Chips di topinambur al forno


Ingredienti
circa 100 gr di topinambur a testa
Olio extravergine di oliva
Sale e pepe bianco

Topi...che?!??! Ma topinambur! E' un tubero! Eddai chi non lo conosce?!
Come consistenza è simile alla patata ma di sapore ricorda vagamente il carciofo.
Ho fatto una piccola ricerca ed ho scoperto che ha un sacco di proprietà (e chi l'avrebbe mai detto??!!): va bene per i diabetici perchè è ricco di inulina, ha una marea di sali minerali, riduce il colesterolo, ha pochissime calorie, fa bene alla ritenzione idrica, regolarizza la flora intestinale e chi più ne ha più ne metta e, the last but not the least, se non vi piace potete sempre piantarlo e fargli fare i fiori. Cosa volete di più?
Volendo lo potete mangiare crudo, se proprio siete di fretta...ma queste chips sono davvero sfiziose.
Prendete ora i topinambur e lavateli bene, tagliateli a fettine sottilisssssime e metteteli a mollo in una ciotola con acqua per fargli perdere l'amido (sì, ne hanno pochissimo, ma noi vogliamo lasciarli proprio in mutande). 
Asciugateli velocemente e spargeteli in una teglia con carta da forno.
Conditeli ben bene con olio e infornate in forno caldo a 180° per circa 25/30 minuti fino a doratura. Salate, pepate e servite.

giovedì 9 febbraio 2012

Crema di patate e porri


Ingredienti per due porzioni
400 gr di porri (due medi)
800 gr di patate (circa 6)
600 ml d'acqua
4 cucchiai di parmigiano
un goccio di panna
paprika dolce
pepe
sale qb

Prendete due porri, lavateli, tagliate a fettine la parte bianca e mettetela a soffriggere in un filo d'olio. Prendere le patate, sbucciatele (e non buttate la buccia! ci si possono fare delle chips sensazionali) e tagliatele a cubetti. Mettete da parte le patate e prendete la parte verde del porro, tagliatela a pezzi e mettetela da parte. Ora prendete le patate, mettetele al posto dei porri, poi scambiateli, poi prendete la buccia e mettetela al posto delle patate. Muhahaha. Ok. La smetto.
Andate alla pentola del soffritto, aggiungete le patate (quelle sbucciate a cubetti), i pezzi verdi di porro, coprite a filo con acqua, aggiungete un po' di sale e fate sobbollire piano fino a che si spappolerà tutto (circa 20 min).
Frullate (e qui il minipimer è un must) aggiungete il parmigiano, un goccio di panna, pepe e paprika dolce (se trovate quella affumicata è fenomenale).
Volendo, potete aggiungere dei crostini di pane. Fate dei cubetti (vanno bene anche gli avanzi un po' possi) conditeli con olio e sale e passateli in padella o in forno. Stessa cosa potete fare con le bucce di patata che avete tenuto da parte (patate bio, mi raccomando). Sperando le abbiate già lavate da intere, sennò vi voglio vedere a levare la terra dalle striscioline...
Ungetele per bene con l'olio e sbattetele in forno, si fa per dire, a 200° finchè non saranno belle croccanti. Aggiungete sale solo prima di mangiarle (regola che vale per tutti i fritti, se non li volete un po' mosci).
Buon passato a tutti (per il futuro ci pensiamo).

martedì 7 febbraio 2012

Flan di radicchio con salsa allo zafferano e porri croccanti


Ingredienti per 800 ml di impasto (8 vasetti)
500 gr di radicchio rosso di Chioggia
una piccola cipolla
due cucchiani di zucchero
due cucchiai di parmigiano grattugiato
100 ml di panna
tre uova uova intere
sale qb

Ingredienti per la salsa allo zafferano
150 ml di panna
un cucchiaio di parmigiano grattugiato
una bustina di zafferano

Ingredienti per la guarnizione
una foglia di porro
un cucchiaio di farina
mezzo bicchiere di olio per friggere

Tritare finemente la cipolla e farla appassire dolcemente con un filo d'olio.
Aggiungere il radicchio tagliato a striscioline e lo zucchero e far cuocere per circa 15 minuti a fuoco basso.
Frullare il radicchio, aggiungere il parmigiano, la panna, le uova e il sale e mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo.
Scaldare il forno a 150°, versare il composto in 8 vasetti o stampini (imburrati e infarinati se poi li vorrete sformare), adagiarli in una teglia, aggiungere acqua fino a metà vasetti ed infornare per 35 minuti. Controllarne infine la cottura con uno stuzzicadenti al centro, che dovrà uscirne asciutto.
Sfornare la teglia, lasciar intiepidire i flan e preparare nel frattempo la salsa.
Scaldare la panna (senza farla bollire) con il parmigiano fino a completo scioglimento, aggiungere lo zafferano ed amalgamare.
Versare un cucchiaio abbondante di salsa sopra ogni flan.
Per la guarnizione finale arrotolare su se stessa una foglia di porro, tagliarla a striscioline sottilissime, infarinarle e friggerle velocemente in olio fino a doratura.