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mercoledì 13 novembre 2013

Panini al vapore ripieni


Ingredienti per 6 panini:

140 g di farina integrale
60 g di semola
100 g circa di acqua tiepida
un cucchiaino di lievito di birra secco
un cucchiaino di malto
mezzo cucchiaino di sale
un cucchiaio d'olio extravergine
200 gr di carote
due cucchiai di pasta di sesamo
un cucchiaio di semi di sesamo
mezzo limone
6 cubetti di Sbrinz di circa 1,5 cm per lato ovvero un parallelepipedo di 9x1,5x1,5 cm ovvero un cubo di 4,5 cm per lato ovvero...


Lo street food nel mio immaginario è qualcosa di unto grasso e porcoso che si mangia mentre si cammina.
Ed è curioso pensare che sia diventata la moda del momento dopo anni di smaronamento di filosofia slow food nata in contrapposizione proprio ai fast food degli anni '80.
Ma d'altronde si sa, le mode sono altalenanti e tutto ciclicamente torna in auge.

E così come io sono appena andata in cantina a tirar fuori le Dr. Martens che usavo alle superiori, quelli che anni fa avevano una panineria che poi gli è toccato trasformare in ristorante, ora stanno facendo la corsa a vendere i locali per andarsi ad aprire un chiosco che tanto comunque toccherà smantellare tra qualche anno.
Che vita del cazzo.

Ma come si suol dire non tutto il male vien per nuocere. Quindi alla fine ben venga anche la riscoperta dello street food se fatto con prodotti di buona qualità e se serve a mantenere memoria delle ricette e usanze della tradizione magari riuscendo ad adattarle in base alle nuove consapevolezze del tipo che si ok che il fish&chips è buono ma magari il piombo dell'inchiostro della carta di giornale anche no.

E dato che io sono una persona di mentalità aperta quando ho visto il contest di Peperoni e Patate proprio sullo street food non ho esitato un momento.
E vorrei tanto dirvi che non ho saputo resistere perché non vedevo l'ora di mettere in moto la mia creatività, ma la realtà è che quando ho visto che mi avrebbero spedito a casa 1.5 kg tra Sbrinz e Gruyere non ho capito più niente.

Quindi insomma in pratica con la scusa di dover testare i formaggi prima puri poi declinati in varie ricette, intanto mi sono abbuffata e poi ho pensato alla ricetta.
Ed avrei tanto voluto far qualcosa di tradizione locale ma io abito vicino a Milano e qui di locale ormai non c'è proprio più una mazza e difatti il nostro street food è esclusivamente importato.

Come primo tentativo ho pensato ad una tempura di Sbrinz e frutta di stagione. 
Così ho preparato una pastella leggera di farina e birra aggiungendo un pochino di cacao amaro all'impasto e poi ho fritto piccoli parallelepipedi di formaggio impastellati alternati a fette di mela verde e uva.

E meno male che ho fatto una prova con pochi pezzi perché il risultato è stato merda.
Troppo grasso, troppo unto, troppa roba colante che bruciava sul fondo della padella, troppi sensi di colpa, troppo tutto.

E anche se in effetti qualcuno mi ha fatto notare che non ci sarebbe stato bisogno di provare a friggere del formaggio per capire che il risultato sarebbe stato un po' grasso al palato, attribuisco il fallimento esclusivamente al fatto di aver utilizzato troppo poco olio in padella (ora però almeno sappiamo che 2 dita di olio non possono esattamente considerarsi olio profondo..).

In ogni caso non ho ritentato l'esperimento perché ho pensato che sarebbe stato vergognoso presentare sul blog una ricetta di formaggio fritto dopo essermi dilungata così tanto sui benefici della dieta mediterranea.
E quindi al secondo tentativo ho cercato di far qualcosa di più leggero e sano.

E il formaggio è così finito in dei paninetti cotti al vapore -che non è che siano più leggeri di quelli al forno ma semplicemente non fanno la crosta- insieme a delle carote e a della pasta di sesamo che con il suo amarognolo bilancia bene la dolcezza della verdura e la sapidità dello Sbrinz.
Minchia quanto sono professional.

PS ovviamente non mi sono impegnata troppo nella foto che sennò altrimenti sarei risultata troppo brava e non mi avrebbero preso in considerazione per il corso di fotografia in palio. 

Per questi panini fate sciogliere in un po' d'acqua tiepida addolcita con malto il lievito secco, come da istruzioni sul vasetto. Mischiatelo poi con le farina, il sale e l'olio.
Impastate per bene fino ad ottenere una palla liscia e fate lievitare in luogo tiepido per circa due ore fino a raddoppio del volume.
Lessate le carote tagliate a tocchetti in una pentola con poca acqua e un pizzico di sale.
Passatele con lo schiacciapatate che si chiama così ma si può usare lo stesso.
Mischiate la pasta di sesamo con un cucchiaino di succo di limone e un pizzico di sale.
Prendete l'impasto, dividetelo in sei parti e stendete ogni parte a forma di cerchio ad uno spessore di circa 3-4 mm.
Distribuite un velo di pasta di sesamo fino ad un cm dal bordo, uno strato di purè di carote e piazzateci al centro il cubetto di formaggio.
Chiudete a sacchetto, rigirate la chiusura verso il basso e mettete a lievitare per un'altra mezz'ora.
Portate a bollore l'acqua della vaporiera con la buccia del limone.
Foderate il cestello con la carta da forno, adagiateci i panini, bagnateli leggermente sopra e cospargeteli coi semi di sesamo.
Cuocete per 20 minuti e mangiateli ancora caldi ma non troppo.

Con questa ricetta partecipo al contest Swiss Cheese Parade dei Formaggi dalla Svizzera.




giovedì 31 ottobre 2013

Un ingrediente per due: la carne bovina


Era da un po' che avevo in mente di provare qualche ricetta con il quinto quarto e mi son sempre chiesta se alla fine ce l'avrei fatta.
Perché insomma, un conto è mangiare un orecchio di maiale bello croccante che sembra una patatina, un conto cazzo è comprarlo e toglierli prima cerume e peli.
Idem con il cervello. Dicono sia tanto buono ma io una testa di agnello tagliata a metà con ancora ancora tutti e 16 i denti attaccati e l'occhio che mi guarda un po' strabico mi spiace, ma la lascio lì.
E che d'altronde non è mica colpa mia se sono nata nella generazione di quelli che credono che le uova nascano già in cartoni da sei.
So di essere totalmente incoerente, ma datemi un coniglio morto e spellato e senza testa e ci vedrò un arrosto.
Datemelo vivo e gli farò solo grattini.

Ciò non toglie che tutto il discorso di riuscire a rivalutare tagli meno nobili considerati quasi di scarto mi ha sempre appassionato. Sia per un discorso di gusti nuovi da scoprire, sia per una questione di rispetto dell'animale. 
Come dire: "ti faccio sì fuori ma prima ti lascio vivere una vita felice e poi cerco di non farti finire in scatolette di cibo _per cani e non_ e mi impegno ad utilizzare di te tutto l'utilizzabile cercando di godere appieno di ogni tua singola parte".

E ora chiamatemi pure Dio.
O Hannibal.

Ma non sul cellulare che ho poco credito.

E così ho anche comprato un libro. Offal. Inglese. Trovato solo online. Che prometteva grandi cose. Bella grafica, bella copertina, belle foto.
Per poi aprirlo e scoprire che i 3/4 sono ricette di tradizione Italiana che avrei potuto trovare benissimo nei libri che ho già a casa.
Fuck online shopping.

E quindi insomma, quando questo mese abbiamo deciso di parlare della carne ho pensato che non avrebbe potuto esserci occasione migliore per sperimentare qualcosa.
L'idea originale era quella di fare dei ravioli di lingua con del limone candito ma, quando al momento dell'acquisto della carne mi sono accorta che la lingua costava quanto un arrosto di reale mi sono chiesta allora di che razza di quinto quarto stessimo parlando e ho anche un po' maledetto tutti quelli che hanno fatto tornare di moda le frattaglie.

E poi ho visto lì di fianco la trippa di foiolo. 
Bella sfogliata. Bella pulita. Bella sbiancata chimicamente. Bella economica. 
E mi son detta che tanto in un raviolo lingua o trippa in fondo non avrebbe poi fatto tanta differenza. 
Mh.
E qual'è la morte della trippa? Stare coi fagioli. 
Ma io avevo solo dei ceci.
E dato che un'altra idea che avevo in testa da tempo era quella di provare a denaturare la farina di legumi in modo da renderla impastabile, non ci ho pensato due volte e ho fatto un test.
Anche se forse accendere il forno a 90°C per tre ore per soli 300 g di farina non è stata proprio una gran furbata....

E così son nati questi cappelletti. Leggeri, proteici, senza glutine, con pochissimi grassi.
Perché sì, la trippa in realtà, a dispetto del nome, è un taglio magrissimo. 

...E alla fine si scoprì che "ciao trippona" non era mai stato un insulto bensì un complimento.....


Prima della ricetta leggetevi però la scheda del Comandante che secondo me in pochi sono così ben preparati sui vari nomi delle bestie.

"La carne bovina che noi utilizziamo in cucina appartiene a mammiferi della famiglia dei Bovidae, rappresentati dal genere Bos e dalla specie Bos taurus.
I bovini sono animali erbivori ruminanti e come tutti i ruminanti sono caratterizzati dall’avere 3 prestomaci (reticolo, rumine e omaso) ed uno stomaco (abomaso) dove avvengono diverse fasi della digestione. La dieta di questi erbivori è svariata soprattutto se gli animali vengono allevati all’aperto (in alpeggio durante l’estate e nei pascoli pedemontani o di pianura durante le altre stagioni) e non in stabulazione fissa in maniera intensiva. Sulla metodologia di allevamento e benessere animale ci sarebbe da parlare per una giornata intera poiché poi quando noi cuociamo una semplice fettina di carne alla piastra e questa si riduce della metà e diventa dura come una suola di scarpa forse sarebbe il caso di chiederci da dove arriva questa fettina…

Oltre che per la razza, e l’Italia è regina di biodiversità anche in questo campo, la carne che utilizziamo deriva da animali di età differente che vengono chiamati con nomi differenti.
Per prima cosa parliamo delle razze. Fra i bovini esistono razze allevate per la produzione di latte (come la bruna alpina, la frisona e la jersey), per la produzione di carne (come la simmenthal,  la limousine, la charolaise, l’aberdeen angus, la piemontese o fassone, la chianina, la marchigiana e la maremmana) e quelle allevate con duplice attitudine (come la rendena, la bianca modenese, la podolica, la valdostana pezzata, la normanna e la rossa danese). In passato, e tutt’oggi in alcuni paesi dove la meccanizzazione dell’agricoltura è ancora inesistente o molto arretrata, esistevano razze tipicamente da lavoro come da noi in Italia la chianina, la maremmana e la piemontese solo per citarne alcune. Come detto sopra nel nostro paese esistono svariate razze anche molto rustiche (come la varzese, la pustertaler, la cabannina e anche la stessa maremmana) che hanno ancora una duplice ed a volte una triplice attitudine.

Senza addentrarci oltre nella suddivisione spesso solo sulla carta dell’attitudine di ogni razza, passiamo invece a parlare della suddivisione dovuta all’età dell’animale.
Il maschio viene chiamato balliotto dalla nascita fino alla prima settimana di vita, vitello fino al primo anno di età, manzo (se è castrato) o vitellone dal primo al quarto anno, bue (se castrato) o toro dopo il quarto anno di età.
La femmina viene chiamata vitella fino al primo anno di vita, manzetta se non ha ancora partorito ed è di età inferiore ai venti mesi, manza o giovenca tra il primo ed il terzo anno di vita e vacca se è di età superiore ai tre anni o se è sotto i tre anni ma in stato gravido. Il termine mucca è invece riferito al bovino femmina in genere ma è un dialettismo di origine toscana forse di derivazione onomatopeica o forse dai termini latini mulgere (mungere) e mugire (muggire).

Dagli esemplari allevati per la carne (ma ovviamente anche dagli altri volendo) si ottengono diversi tagli utilizzabili in ambito culinario per le più svariate preparazioni: dal taglio della coscia si ottengono codone, noce, sottofesa e girello, dal taglio della lombata filetto, controfiletto e carré, dal taglio della schiena  costata, dal taglio del collo e della testa si ottengono collo, lingua e testina, dalla spalla si possono avere cappello del prete e fusello, dai garretti gli ossibuchi, dal petto la punta di petto, dal costato si ottengono biancostato di reale e taglio reale e dal taglio della pancia biancostato di pancia e fiocco. Questi pezzi sono solo alcuni di quelli ottenibili e ovviamente a seconda della regione e assumono nominazioni differenti. 
Non dimentichiamoci poi che anche le interiora vengono utilizzate a scopi gastronomici: cervella, fegato, animelle sono le basi di un piatto tipico piemontese, il fritto misto alla piemontese e la trippa (che altro non è che parte degli stomaci e non dell’intestino come molti credono) sono comunemente utilizzate in molte ricette tradizionali della cucina regionale italiana (ad esempio i trippai fiorentini che preparano il caratteristico panino col lampredotto, che rientra tra i cibi di strada ora tanto ricercati, rappresentano una piacevole tradizione legata ai piatti poveri del passato).

La raccomandazione che mi sento di fare è quella di utilizzare possibilmente carne italiana derivante da animali allevati in maniera consapevole e preferibilmente a stabulazione libera che magari effettuano la transumanza o l’alpeggio in maniera che possano cibarsi delle più svariate qualità di erbe che poi andranno a dare determinate caratteristiche anche alla carne.
  
ANCHE SE SO CHE AVRESTE VOLUTO CHE VI PARLASSI DEL VITELLO DAI PIEDI DI BALSA… MA PAZIENZA!!!"

Ecco qui la mia ricetta e qui quella della Serena.

Cappelletti di farina di ceci e trippa

Ingredienti per 4 persone

300 g di farina di ceci denaturata (passata in forno a 90°C per 3 h)
300 g circa di trippa di foiolo
due cucchiai di salsa di pomodoro
una cipolla media
due limoni
qualche chiodo di garofano
due foglie d'alloro
olio extravergine
sale
un pizzico di pepe nero
un paio di cucchiai di formaggio tipo Grana

Sminuzzate la cipolla e mettetela in una pentola con un po' d'olio sul fondo a fuoco minimo che ormai lo sappiamo che il soffritto sbruciacchiato è cancerogeno oltre a non usarsi più dagli anni '90 e fate andare piano piano fino a quando non sarà diventate trasparente.
Preparate la trippa. Giuro. Non fa così schifo come sembra. Non è viscida e di certo i puntini in rilievo non sembrano delle papille gustative.
Sciacquatela bene sotto l'acqua e tagliatela a pezzetti. Buttatela nella pentola, aggiungete un limone tagliato a metà, il pomodoro, i chiodi di garofano, l'alloro e un pizzico di sale.
Coprite e fate andare per almeno un paio d'ore aggiungendo ogni tanto un goccio d'acqua se necessario.
Preparate la sfoglia impastando per bene la farina di ceci con due cucchiai d'olio e un pizzico di sale.
Quando la trippa sarà ben cotta, morbida e asciutta (se non lo è fate in modo che lo sia) togliete gli aromi e versatela nel bicchiere del frullatore frullando fino ad ottenere un composto morbido e cercando di non pensare al fatto che aggiungendo un po' di latte si potrebbe ottenere un milkshake.
Non preoccupatevi di ottenere una poltiglia perchè ciò non avverrà essendo la trippa abbastanza tenace e gommosetta.
Stendete la sfoglia il più sottile possibile fino a vederci attraverso ma non per i buchi, tagliate dei quadrati di circa 5-6 cm per lato, adagiate al centro di ognuno una pallina di ripieno e chiudete a cappelletto.
Cuocete per 3-4 minuti in abbondante acqua salata, scolate e condite con olio extravergine, la buccia grattugiata dell'altro limone, pepe nero e un po' di formaggio.
Servite senza dire cosa c'è dentro che sennò non li mangerà nessuno.


mercoledì 10 luglio 2013

Non chiamateli gnocchi alla romana


Ingredienti per 2 persone (ma anche 3):

200 gr di farina di lenticchie verdi
500 ml di acqua
una manciata di foglie di basilico
una manciata di mandorle tostate
sale e olio qubi.

Non chiamateli gnocchi alla romana.
Perchè infatti non c'entrano niente.

Ve lo dico, ci sono un po' di cose che devo fare da tempo e che mi voglio levare dalla lista dei to-do prima che torni un altro settembre e io rinizi con le solite menate dei rimorsi rimpianti buoni propositi e bla bla bla.
Che sono estremamente pigra e che mi nasconda sempre dietro al "sono sempre presissima" già lo si era capito, quindi nessuno si stupirà del fatto che a distanza di tre mesi io Finalmente pubblicizzi il Favoloso Fantasmagorico e Fantastico magazine con il quale collaboro ideato da quelle tre Fighissime donne quali sono Federica, Francesca e Fausta.
E non lo dico perchè ci sono pure le mie ricette e per far la solita lecchina di sta cippa, ma solo perchè è vero. 
Quindi, se non l'avete ancora sfogliato, prendetevi cinque minuti per leggere Threef, che tanto che non avete tempo non ci crede nessuno.

La seconda cosa che devo sottolineare è il contest di Siena. 
Riguardatevi dalla Patty il post, le scadenze e le info che se avete un blog e non partecipate poi vi meno.
E già che ci siete scaricatevi pure la App che trovate qui affianco.
Che non si poteva non fare dato che si sa che c'è una App per tutto.

La terza cosa riguarda questo post, che avevo promesso da mesi di dedicare alla mia amicollega, che chiamerò per comodità Sebastian (per non dire zampogna o vacca o bruttoculopeloso, nomignoli che usiamo abitualmente in modo affettuoso), che mi sopporta quotidianamente da oltre sei anni e che praticamente vedo più di mia madre.
E le dedico sto post non tanto perchè le voglio bene (ah ah ah. Credici), quanto perchè porcatroiasonoseicazzodianni, e dico S-E-I, che mangi i legumi come contorno all'hamburger solo perchè non ti sembrano un piatto! 
Ma perdio! Ma possibile che non hai ancora capito niente??! 
Nonostante tutti i link, i post, le spiegazioni che ti ho dato, com'è possibile che siamo ancora all'ABC??!
E quindi questo piatto è per te. 
E non il sole che splende a luglio e i cani e ogni cosa che c'è (a meno non ci si riferisca a scottature e merde).
E' per te un altro piatto unico light e completo (ma se ci metti un po' di cereali è meglio, anche se ormai dovresti saperlo) che ti farà sentire meno in colpa quando poi ti ammazzerai di kinder delice fredde di frigo.

Per preparare questi specie di...di? Gnocchi? Frisbee? Dischi volanti? Ho preso ispirazione dalla ricetta del pane e panelle che ho visto su un libro di Jamie Oliver che ho a casa.
Anche se il perchè io abbia in giro un volume di ricette della tradizione italiana scritto da un Inglese e per giunta abbia il coraggio di consultarlo, ancora mi sfugge.
Comunque, si diceva che ho visto la ricetta delle panelle. 
Però, non volendo friggere e non avendo in casa farina di ceci ma solo farina di lenticchie verdi (ciao Marcella Bella), ho tentato con quella.
Che non c'entra una mazza ma che fa tanto Nigella con cose del tipo: "eh, in questa ricetta ci vorrebbe il prezzemolo ma ho solo del basilico e ci metterò quello che tanto è verde uguale". 
Eh, Nigella, meno male che non avevi in casa solo chessò, un'azalea.

Per fare questi affari, mescolate 200 gr di farina di lenticchie con mezzo litro d'acqua (da aggiungere pian piano che sennò fa grumi) e un pizzico di sale.
Mettete tutto sul fuoco basso, in un pentolino ovviamente, e cuocete, sempre mescolando con una frusta, per circa 10/15 minuti fino a che il composto si addenserà tipo una polenta.
Se poi non avete mai fatto la polenta peggio per voi.
Togliete dal fuoco e versate il tutto da una qualche parte (io ho usato una teglia rettangolare da 26x20 cm foderata di carta forno) fino ad ottenere una roba alta circa un cm scarso. 
Per non dire 0,8 cm. 
Anche se poi pure 0,7 va bene.
Fate raffreddare per almeno una mezz'ora se è inverno e 45 min se è estate poi, usando un bicchiere un coppapasta uno stampino una tazza, ricavate dei tondi (i miei son da 5 cm di diametro).
Metteteli in una teglia leggermente unta d'olio e condite con quello che volete.
Io, che di norma opto per la dieta dissociata, nel senso che mi dissocio dalle diete, ho preparato una salsa frullando una manciata di foglie di basilico con olio extravergine e una manciata di mandorle tostate salate (se vi capitano sotto tiro, provate quelle del marchio Solidale Italiano che si trovano nelle botteghe Altromercato, che sono di una bontà suprema).
Ed ho poi aggiunto pomodorini, anche se questo lo si vedeva nella foto e non c'era bisogno di dirvelo.


domenica 26 maggio 2013

Gnocchi Indiani di ceci


Ingredienti per 4 persone:

100 g di farina di ceci
una cipolla media
un peperoncino verde
due cucchiai di zenzero grattugiato
un cucchiaio di foglie di coriandolo tritate (o prezzemolo che si ok so che non è la stessa cosa ma piutost che nient l'è mei piutost)
un cucchiaio di sale
mezzo cucchiaino di semi di ajowan (sostituibili con timo secco - vedi sopra)
un quarto di cucchiaino di bicarbonato di sodio
125 ml acqua
olio per friggere

Per la salsa di yogurt:
due cucchiai di farina di ceci
250 g di yogurt bianco
un cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di curcuma macinata
750 ml di acqua
due cucchiai d'olio
mezzo cucchiaino di curry
mezzo cucchiaino di semi di senape nera
tre peperoncini secchi
mezzo cucchiaino di semi di cumino
un quarto di cucchiaino di semi di fieno greco (si può omettere)

Mh. Proprio bello cucinare Indiano.
Si parte leggendo la ricetta con la lista di ingredienti lunga quanto le litanie, che assume pure la stessa cadenza, tipo: farina di ceci celo, yogurt celo, peperoncino celo, foglie di curry nuncelo, fieno greco prega per noi, aceto di cocco nuncelo, assafetida nuncelo, ajowan nuncelo, foglie di banano nucelo, okra nuncelo, olio di senape nucelo, semi di nigella pregate per noi, tamarindo nuncelo, zucchero di palma nuncelo.
E se non ci si addormenta, si continua poi iniziando a sostituire a caso gli ingredienti irreperibili con quelli reperibili tipo il solito curry (posso rivederti già stasera ma tuuu non pensaaare male adesso, ancora il solito curryyyy...), del coriandolo in polvere, del prezzemolo, della polvere di cumino, dello zenzero in polvere, del limone e dei misti spezie che si hanno lì da far fuori. E si finisce con l'avere un piatto, ok buonissimo, ma che ha lo stesso sapore del Tajine o dello Zighinì che hai cucinato il mese scorso.
Però oh, fare ricette indiane mi piace un casino.

E questi gnocchi di ceci sono veramente simpatici e hanno pure degli ingredienti relativamente semplici.
E non fatevi spaventare dal fatto siano fritti perchè di olio ne assorbono davvero poco.
Forse. Forse sì o forse no. Io intanto lo dico e mi lavo le mani e la coscienza.
E poi suvvia, non siate paranoici, che tanto il riso bianco e lo yogurt purificano tutto.
Ma poi oh, se per caso qualcuno volesse provare a bollirli al posto che friggerli, mi faccia sapere com'è andata che così aggiorno il post, che qui non è che posso fare tutto io.
Tra l'altro sono simpatici pure per il fatto che ad uno pare di mangiare un primo mentre in realtà sta mangiando solo dei legumi. 
Perchè sappiatelo tutti, i legumi sono un secondo. 
Non una verdura. 
E manco un contorno.
E piantatela di fare quelle facce lì quando vi dico che per cena ho mangiato dei fagioli.
Da soli. Con delle verdure a parte.
Senza tonno senza chili senza pasta e senza cotechino.
Perchè guardate che non è mica strano.
Perchè pure gli angeli mangiano fagioli.

Per preparare questa piatto unico travestito da primo, iniziate per prima cosa a preparare la salsa allo yogurt:
frustate con un gatto a nove code la farina di ceci, il curry e la curcuma insieme allo yogurt poi mettete il tutto in una casseruola. Aggiungete l'acqua e fate sobbollire per una mezz'ora mescolando ogni tanto.
In una padella saltate i semi di senape, il fieno greco, il cumino e il peperoncino spezzettato fino a quando inizierete a sentirne il profumo.
Levateli dal fuoco ed aggiungeteli alla salsa.
Tritate la cipolla e il peperoncino verde (privato dei semi) finemente, mescolateli agli altri ingredienti ed aggiungete acqua fino ad ottenere una pasta appiccicosa.
Con le mani bagnate formate dei gnocchi grandi quanto un boccone (definizione scientifica) e friggeteli in olio bollente per pochi minuti fino a quando saranno ben dorati.
Scolateli su carta assorbente e buttateli nella salsa.
Fate sobbollire per altri tre minuti poi servite insieme a riso basmati bianco.
Che, se non vi ricordate come si fa, o guardate qui, oppure cuocetelo in rapporto 1:2 con l'acqua.
Del tipo: fate bollire due tazze d'acqua con un pizzico di sale, versateci una tazza di riso, avendo cura di usare la stessa che sennò non funziona mica, coprite col coperchio e fate cuocere fino a completo assorbimento. 
Spegnete il fuoco, fate riposare qualche minuto coperto e poi se volete fare i fighi aggiungete una noce di ghee. O, per i comuni mortali, burro.

E il coriandolo? Chiederete voi. 
Eh, tritatelo e spargetecelo sopra. Non vedete la foto??


giovedì 27 settembre 2012

Pasqualina Bollywoodiana


Ingredienti per una torta da 22 cm di diametro:
200 gr di farina manitoba
100 gr di farina integrale
80 ml di vino bianco secco
80 ml d'acqua
un pizzico di sale
30 gr di olio extravergine
200 gr di patate
200 gr di carote
200 gr di cipolle
una manciata di piselli
un cucchiaio di burro chiarificato o di olio
un cucchiaino abbondante di masala indiano per verdure (o curry)
un cm di zenzero grattugiato o la buccia di un limone


I capelli nella mia vita sono sempre stati una costante: tantissimi e dovunque. 
Come i peli tra d'altronde. 
Ma certe cose forse non le volete sapere. O forse non dovrei dirle io. 
Che poi il risultato è lo stesso, un po' come nell'addizione quando sposti gli addendi.
Vi basti sapere che da adolescente quando mi feci bionda (intendo i capelli) qualcuno simpaticamente osò soprannominarmi saggina. 
Come la scopa.
E penso si riferisse solo alle sembianze. Almeno credo.
Comunque e quantunque, a parte il dovunque personale, è il dovunque temporale la parte preoccupante (ma se temporale è riferito al tempo cosa si usa per riferirsi al luogo?).
Infatti la mia vita, purtroppo, è stata segnata da una serie di ritrovamenti capelliferi avvenuti nei momenti meno opportuni. 
Ovvero ad ore pasti.
Ricordo ancora la volta in cui in un ristorante ne trovai uno lunghissimo in un hamburger. E non vinsi nemmeno niente.
Senza contare poi i vari nella pizza, nella pasta, nelle patate. E così via.
C'è chi narra addirittura di averne trovati ripetutamente nel liuk.
E c'è anche chi sostiene che il cibo più infimo in cui è difficilissimo individuarli siano appunto le torte salate. Quelle di spinaci in particolare. E che per questo motivo le abbia totalmente eliminate dalla propria dieta.
E dato che io non sono per niente suggestionabile (infatti è solo per puro caso che da quando vidi Urban Legend, 15 anni fa, ogni volta che salgo in macchina la sera io controlli sempre i sedili posteriori), nel dubbio, no spinaci no party. 
Ma Martini welcome. E anche George. Imagina.
E quindi alla fine, pensa che ti ripensa, ci ho ficcato dentro il ripieno che uso nei samosa, dato che attualmente sono nel trip della cucina indiana.

Per la pasta ho ovviamente seguito fedelmente la favolosa ricetta della Vitto.
Ho quindi impastato le farine con i liquidi, lasciato riposare per un'oretta, diviso l'impasto in cinque palle, steso sottilissimamente ognuna, adagiate le prime tre tutte ben spennellate d'olio nella teglia, messo il ripieno e coperto con le ultime due sempre belle unte.
Quando poi è arrivato il momento di fare la cosa più divertente (ovvero sputacchiare dentro ad una cannuccia infilata nel bordo per gonfiare l'ultima sfoglia), la mia era già gonfissima di per sè e quindi non è stato necessario farlo.
Misteri della sigillatura e del sottovuoto inverso. Oppure la solita sfiga.
Per il ripieno invece, sminuzzate carote e cipolle e fatele leggermente soffriggere a fuoco basso nel burro o nell'olio. Aggiungete le patate tagliate a piccoli cubetti, i piselli, coprite a filo con acqua e un pizzico di sale e fate cuocere fino allo spappolamento totale (ci vorranno almeno 45 minuti).
A fine cottura, ovvero quando avrete ottenuto un quasi-purè abbastanza asciutto, aggiungete le spezie. E no, furboni, non vale frullarlo perchè i pezzettini devono rimanere e si devono sentire.
Assemblate ora la torta nel giusto ordine nonostante io abbia spiegato prima la pasta e poi il ripieno avendo cura di non mettere il ripieno sopra la torta o peggio sotto perchè ormai avete usato tutte le cinque sfoglie disponibili e quindi l'avete già chiusa, e cuocete a 180° per circa 45 minuti.
Servite tiepida o anche fredda che sennò vi si spalma sul tavolo.

Ovviamente con questa ricetta partecipo all'MTC di settembre


mercoledì 6 giugno 2012

Zucchini pancake e home-made mayo al curry


Ingredienti per circa 10 pancake:
2 zucchine medie
3 uova + 2 albumi
100 gr circa di farina integrale
qualche fogliolina di menta
un pizzico di sale
mezzo cucchiaino di lievito

Per la mayo al curry:
2 tuorli
200 ml di olio di semi di girasole
il succo di mezzo limone
mezzo cucchiaio d'aceto bianco
un cucchiaino di senape (facoltativa)
un pizzico di sale
3 cucchiai di yogurt
mezzo cucchiaino di curry (io ho usato il masala per verdure Altromercato)

Sono commossa. Mi è riuscita la maionese. Nel momento in cui si è addensata mi è quasi scesa una lacrimuccia.
La prima volta che ci ho provato è venuta perfetta in 5 secondi; la solita  fortuna del principiante. Poi ci ho riprovato. E riprovato. E riprovato ancora. Ma niente. Impazziva, era troppo liquida, troppo grumosa. Uno schifo.
Primo round Maionese - SaleQuBi: 3-0.
Ma dato che quando voglio so esser testarda più di un mulo (ehm, anche quando non voglio in realtà..), mi sono spulciata libri di ricette, pagine web, blog, forum, yahoo answer (eh si, purtroppo a volte ci cado pure io) per carpirne i più reconditi segreti. Scoprendo che poi invece sarebbe bastato andare direttamente sulla pagina di wikipedia...
Quello che ho assimilato e rielaborato è che alla fine una maionese stabile (che altro non è che un emulsione) necessita che tutti gli ingredienti siano alla stessa temperatura e che ci sia una componente acida che ne favorisca il montaggio (anche se non è il meccano). Il tuorlo, ricco di lecitina che è un emulsionante naturale, ovviamente dev'esser freschissimo dato che va consumato crudo. A tal proposito sulla pastorizzazione casalinga invece non ho ancora trovato nulla che mi soddisfi. Alcuni parlano di scaldare l'olio a 70° (temperatura di pastorizzazione delle uova) prima di aggiungerlo ai tuorli, ma in ogni caso un uovo a temperatura ambiente a contatto con olio caldo ne abbatterà inevitabilmente la temperatura non garantendo, secondo me, la corretta cottura. Per cui su questo punto mi devo ancora documentare meglio.
Insomma alla fine il mio consiglio per ora è di usare uova più fresche possibili, consumare subito la maionese e pulire  bene il guscio prima di aprirle cercando di stare attenti a farlo sfregare il meno possibile con il contenuto (dato che al massimo se ci fosse la salmonella sarebbe fuori dal guscio e non dentro). Per tale scopo potrebbe essere utile utilizzare un separatuorlo, oppure rompere le uova intere in una ciotola e tirar su solo il giallo con le mani tenendo le dita come le pinze di quei giochini dove inserisci il gettone e  devi prendere i pupazzo (con più probabilità di riuscita di vincita col tuorlo, ovviamente).
Ehm. Credo di aver fatto una prefazione un po' lunga e come al solito mi son persa via. Scusate.
Tornando alla nostra ricetta. Avete il frullatore ad immersione? Bene. Prendetelo. Già che ci siete prendete anche il relativo bicchiere alto e stretto (o se non ce l'avete vanno benissimo una tazza o un vasetto della forma e dimensione simile).
Metteteci due tuorli, un pizzico di sale, il succo di mezzo limone, mezzo cucchiaino di senape e 200 ml di olio di girasole. Sìsìsì lo so, vi hanno sempre detto di unire l'olio a filo ma è necessario solo se preparate la maionese con la frusta a mano, se usate il frullatore invece potete metter tutto insieme da subito.
Infilate il minipimer fino in fondo, accendete al massimo e state ferme qualche secondo. Vedrete immediatamente addensarsi la maionese. Alzate poi il frullino piano piano ed emulsionate tutto. La salsa è fatta. Ci avreste mai creduto???
Ora a piacere aggiungeteci due o tre cucchiai di yogurt bianco e il curry.
Ecco, ora fermatevi un momento e chiudete gli occhi in religioso silenzio: state per assaggiare una delle cose più buone del mondo.
SaleQuBi - Maionese: 3-3 palla al centro.
Per i pancake grattugiate le zucchine con una grattugia a trama larga. Se dovete prepararli immediatamente andate avanti con il procedimento, se invece avete necessità di preparare l'impasto in anticipo dovrete eliminare un po' d'acqua dalle zucchine, che altrimenti stando lì insieme al resto la rilasceranno nella pastella e verrà una roba disgustosa. In questo caso quindi prendete un colino o un colapasta, salate le zucchine grattugiate e lasciatele lì a scolare anche per una mezz'ora ricordandovi di strizzarle bene prima di aggiungerle al resto.
Mettete le zucchine in una ciotola, aggiungete tre uova più gli albumi avanzati dalla maionese, aggiungete un po' di sale, la menta spezzettata, il lievito e la farina. Dovrete ottenere un composto abbastanza denso e fluido che non vi vada dappertutto quando andrete a cuocerlo, per cui regolatevi di conseguenza con qualche cucchiaio in più o in meno di farina.
Scaldate una padella antiaderente senza aggiungere grassi e cuoceteci i pancake per circa 3/4 minuti per lato, versandone due cucchiai alla volta in dei simil cerchi (senza schiacciarli dato che si allargano da soli), e girandoli a doratura avvenuta. Ottimi sia caldi che freddi, come le frittate si conservano per qualche giorno in frigo.

venerdì 20 aprile 2012

Crescione integrale di catalogna e caciocavallo


Ingredienti per due crescioni:
200 gr di farina integrale biologica
130 gr di acqua tiepida
4 cucchiai d'olio extravergine
un pizzico di sale
un cespo di catalogna
200 gr di caciocavallo
 
Ci ho messo 30 anni, ma finalmente posso dire di mangiare anche i cibi amari. Dopo continue vomitate alla Emily Rose all'asilo, infiniti capricci a casa ed estenuanti selezioni di insalate e robe verdi negli anni a venire, incredibilmente le mie papille gustative sono mutate come un transformer e la mia gamma di gusti si è ampliata da quattro a cinque. Oh yeah.
Mi sono accorta di questa cosa quando mi sono ritrovata nella cassetta di frutta e verdura settimanale che mi arriva a domicilio un cespo di catalogna, scelto ingenuamente da internet pensando di comprare delle puntarelle. E dato che tendenzialmente non spreco cibo e che negli assaggi sono alquanto impavida, cosa potevo farci con un intero cespo potenzialmente assassino, se non cercare di addolcirne il gusto con del formaggio??!
Ahhhhh il formaggio...io vivrei di formaggi. Preferibilmente caldi e sciolti. Sbav.
E il mio sogno è quello di abitare nel reparto gastronomia di un supermercato, dove dormirei tra tomini avvolti nello speck, rotolerei tra le crescenze e i gorgonzola e userei le scamorze come cuscini.
Caro Signor Mago di Esselunga, se mi sente, può mettere per favore una buona parola per me col Sciur Caprotti?? Basterebbe questo, glielo prometto, non mi interessa pescare direttamente le orate dal banco del pesce, davvero. Ci conto. Grazie eh?!
Tornando ai nostri ottimi crescioni, che sono una cosina velocissima che si fa in mezz'ora o poco più, mettete in una ciotola la farina integrale, aggiungeteci un cucchiaino di sale, qualche cucchiaio d'olio e l'acqua tiepida. Impastate, formate due palle, stendetele sottilmente fino ad ottenere dei dischi da circa 30 cm di diametro, farciteli come più vi piace, chiudeteli a metà come un calzone, sigillate bene i bordi e cuoceteli in una padella caldissima per circa 3/4 min per lato.
Questa volta io ci ho messo appunto la catalogna precedentemente tagliata sottilmente e sbollentata in acqua e sale fino a cottura (circa 15 minuti), strizzata, condita con un filo d'olio e con delle fette di caciocavallo dolce. E che dire, è proprio la morte sua (della catalogna, tiè).

lunedì 16 aprile 2012

Riso speziato e curry di pollo


Ingredienti per 4 persone:
350 gr di riso basmati
8 cosce o sovracosce di pollo
mezza lattina di latte di cocco (o un vasetto di yogurt)
curry o masala indiano
2 cucchiai di anacardi
3 carote
3 cipolle
mezza costa di sedano
mezzo bicchiere di vino bianco
anice stellato
buccia di un limone
chiodi di garofano
qualche granello di pepe
sale

Iniziamo disossando i pezzi pollo. Sembra difficile, ma chiunque abbia seguito tutte le serie di Dr. House e CSI è già preparatissimo. E anche chi ha giocato all'Allegrochirurgo, anche se forse togliere un femore da una coscia di pollo con una pinzetta senza far suonare la campanella è un po' più complicato. Però oh, se ce la fate avvisatemi, ve ne prego.
Comunque niente, alla fine basta prendere un coltello sottile e molto affilato, partire da un lato e tagliuzzare tutta la carne visibile; fregatevene di far le cose precise che tanto stavolta il pollo è da fare a pezzettini comunque.
Prendete poi le ossa e la pelle del pollo e se non siete Apelle figlio di Apollo e quindi non dovete farci una palla, mettetele in una pentola con una carota, una cipolla tagliata e metà, la mezza costa di sedano, il mezzo bicchiere di vino bianco, qualche granello di pepe, un cucchiaio di sale, qualche chiodo di garofano, la buccia di mezzo limone e 1 lt d'acqua per farci un ottimo brodo in cui cuoceremo il riso (qui non si butta via nulla). Fate sobbollire a fuoco basso per almeno un'ora.
Prendete i pezzettini di pollo e fateli rosolare in un filo d'olio; aggiungete due carote e due cipolle tritate finissime, un mestolo di brodo e fate stufare con coperchio a fuoco minimo per circa un'ora.
Quando sarà diventato tutto bello cremoso aggiungete un bel cucchiaio di curry (io ho usato il masala indiano Altromercato), gli anacardi tritati finissimi e mezza lattina di latte di cocco (o il vasetto di yogurt).
Mescolate bene il tutto, fate cuocere ancora una decina di minuti e regolate di sale.
Per preparare il riso basmati con la cottura pilaf prendete una pentola alta e stretta, versateci 350 gr di riso (io ho usato il basmati Altromercato che è fantastico), 700 gr di brodo di pollo, la buccia di mezzo limone, una stella di anice e qualche chiodo di garofano. Coprite e portate a bollore; abbassate il fuoco al minimo e lasciate cuocere per circa 10 minuti; spegnete il fuoco e fate riposare coperto per altri 10 fino a completo assorbimento del brodo.
Servite il curry di pollo insieme a questo profumatissimo riso.
Con questa ricetta partecipo al contest "Chi non risotta in compagnia" della bravissima Elena del blog "Nella cucina di Ely".