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giovedì 24 luglio 2014

Quasi babaganoush


Dicono che la gravidanza sia un periodo bellissimo, che ti cambia, ti fa percepire il mondo in un modo completamente diverso, ti emoziona, ti fa commuovere, ti riempie di gioia.

Ci sono quelle che al terzo mese hanno già comprato il corredino, preparato la cameretta, comprato il passeggino la carrozzina il fasciatoio la sdraietta il seggiolone mille vestitini con le manichine a sbuffo mille tutine e pure il fiocco per la porta.
Ci sono quelle che vanno in brodo di giuggiole appena vedono una pancia, che fanno gli urletti, che ti toccano perché porta bene, che ti controllano se hai la pancia alta bassa larga lunga o piatta e poi ti dicono con certezza se sarà maschio o femmina.
Ci sono quelle che non parlano d'altro per nove mesi.
Ma pure dopo.
Che quando lo sentono scalciare si commuovono.
Che non vedono l'ora di chiacchierare con altre quasi-mammine.
Che per loro ormai il loro cucciolino fagiolino pisellino è già il centro dell'universo.
Ci sono quelle che piangono alla prima ecografia manco avessero vinto al superenalotto. Che la whatsuppano a tutti gli amici e i parenti. Che la postano su facebook. Che la incorniciano e l'attaccano sul frigo.

E poi ci sono io.
Che in fondo sono ancora la solita bestia di sempre.

Che radiografo a distanza le altre gravide e se le riconosco come quelle solecuoreamore tiro fuori il libro dalla borsa e metto le cuffie.
Che se mi parli del tuo quasi-bambino del tuo bambino della tua gravidanza o del tuo parto per più di 15 minuti continuo a fissarti ma in realtà sto pensando a cosa mangerò stasera.
Che alla prima ecografia ho visto solo una macchia nera e ho fatto finta di commuovermi solo per non far rimanere male la ginecologa.
Che lo chiamo la piccola zecca.
Ma a volte anche nanetto dai.
Che quando sento che si muove ogni volta vado in bagno pensando si tratti di una puzzetta.
Che non ho ancora comprato assolutamente niente perché tanto manca una vita e conto di andare sui prestiti e sull'usato.
E mica solo per una questione di risparmio. Semplicemente mi spiegate perché dovrei spendere migliaia di euro per riempirmi la casa di cose che non so se mi serviranno mai e soprattutto userò al massimo per sei mesi e poi dovrò stipare nel box?
E poi dai, lo sappiamo, nessun bambino in fondo si accorge se ha il passeggino di marca o quello scrauso.

A tal proposito ho iniziato un libro, dei mille che ho in programma leggere e che probabilmente finirò quando avrà 18anni, il bebè a costo zero.
Nell'introduzione si dice che in media le famiglie italiane spendono nel primo anno di vita del bambino tra i 6 e i 13 mila euro.
Ma non vi fa rabbrividire?
Cazzarola pensate a quanto potrei viaggiare con la stessa cifra, o a quanti formaggi e vini potrei comprare.
Io, a leggere cose così provo lo stesso ribrezzo di quando penso di dover buttare almeno 20 pannolini al giorno nella spazzatura.
E infatti prenderò quelli lavabili.

E sì lo so cosa state pensando. Siete scontati quanto i maglioni in agosto. Infatti la cosa che mi ripetono tutti è "ehhhhhhhhh, vedrai quando nascerà se riuscirai a mettere in pratica tutte queste cose! Finché non sarai madre non potrai capire!"
Evabbègraziealcazzo.
Non ho manco un cane, eppure se non ti vedo raccogliere la sua merda dal marciapiede ti meno anche se forse non capisco bene il motivo.
Ovvio che non sarà facile, ovvio che uno si fa dei programmi e poi nel 90% dei casi vanno a prostitute. Basta andare a vedere che fine hanno fatto i miei buoni propositi di fine anno.
Però, se uno non cerca almeno di darsi delle linee guida, cosa si fa, si va completamente alla carlona?
E poi oh, non è che tutti quelli che hanno avuto un figlio mo' hanno la scienza infusa eh...

Ma io comunque le mie linee guida non ve le dirò mai. Che sennò poi mi tocca uccidervi. 
Tornando un momento indietro, quella sulla gravidanza son tutte minchiate.
Ditemi voi quanto può essere bellissimo e rilassante un periodo in cui appena ti muovi da casa devi stare attenta ad ogni cosa che mangi, devi far esami almeno una volta al mese, ed ovviamente più che gli esami devi aspettare gli esiti, ti senti stanca, affannata dopo una rampa di scale manco avessi fatto la Parigi-Dakar di corsa, nervosa, hai sempre sonno tanto che le tue giornate si riducono a 12 ore, ti si gonfiano i piedi, il tuo guardaroba, già scarno, si riduce a quattro straccetti. Eccetera eccetera.
Insomma, non che io voglia far quella che si lamenta sempre.
So bene che devo essere grata all'universo per essere in questo stato, per questo dono, e blablabla così via con tutte le cose che bisogna dire per essere politcally correct.
Ci mancherebbe.
Solo che onestamente dire che la gravidanza è il più bel periodo per una donna è come dire che andare in bicicletta con le emorroidi e senza sellino è fare una passeggiata di salute.

Che poi probabilmente se si è una persona lucida ed equilibrata e fatalista che riesce a farsi scivolare un po' le cose addosso sicuramente la si vive benissimo.
Ma se si è come me, che l'unica volta che ho fatto la figa al ristorante dicendomi "senti guarda io sta fetta di carpaccio me la mangio. Eccheccazzo dai non ho preso la toxo in 30 anni nonostante da piccola leccassi le suole delle scarpe, possibile la prenda in questi nove mesi?? No guarda veramente, non voglio fare come quelle tizie paranoiche e ansiose che vivono di merda sto periodo perché devon avere tutto sotto controllo. Io sarò più forte delle mie paure. Io non mi farò sopraffare dal terrorismo psicologico".

E poi la mattina dopo alle 7:00 ero in coda al centro prelievi.


Ingredienti per il babaganoush:

delle melanzane
della pasta di sesamo
del succo limone
un po' d'aglio
olio e sale

Sì certo, il babaganoush non è esattamente così e infatti andrebbe fatto senza buccia. E le melanzane andrebbero arrostite (leggasi BRUCIATE) in forno o sul fuoco. Ma è estate. Non abbiamo voglia di sbattimenti, di cancri e non abbiamo nessuna intenzione di accendere il forno e aspettare due ore per cuocere due misere verdurine.
E poi non ci piacciono gli sprechi. Se la buccia è buona la si mangia. Punto. Niente obiezioni che o mangi questa minestra o salti dalla finestra (non ho seguito molto sos tata, lo confesso).
Quindi insomma, prendete le vostre belle melanzane in un numero variabile da 1 a 2, tagliatele a pezzettoni scazzati e mettetele in padella insieme ad uno spicchio d'aglio, olio abbondante a vostra discrezione e sale.
Coprite e fate cuocere a fuoco basso fino a spappolamento.
Direi circa un 50 minuti dato che io son mi tarata sulla puntata di CSI.
Spegnete il fuoco. Aggiungete del succo di limone a piacimento e della pasta di sesamo (circa un cucchiaio per melanzana).
Frullate col minipimer e via.

PS avete visto quanto poco turpiloquio in questo post?? Effettivamente negli ultimi mi ero fatta sopraffare. E' che forse avevo solo troppo bisogno di rafforzare i concetti. O forse Gordon si era impossessato di me. Oppure forse l'essere mmmmadre sta già prendendo il sopravvento e finalmente diventerò una persona posata. 

mercoledì 25 giugno 2014

Quasi gazpacho



Siamo sinceri: il food, i foodblog e la rete mi hanno veramente un po' rotto le palle.
Com'era sospettabile, tutto questo parlare vedere toccare guardare venerare il cibo mi ha fatto passare perfino la voglia di cucinare.
Sono addirittura tornata a prendere la pizza e il cinese d'asporto e le platesse impanate.
Il che è tutto dire.

E poi l'ostentazione, i selfie, la gara a chi ce l'ha più lungo, le cose dette a metà, il commentami tu che ti commento anche io.
Che due coglioni.
Insomma, arrivata ad un punto di saturazione semplicemente mi sono fermata.

Ma poi dato che sono una stronza egocentrica eccomi di nuovo qui.

E questo era quanto pensavo qualche mese fa.
Ma ormai si tratta di tutte cose che ho dimenticato quindi posso andare oltre.
E no, non ho fatto assolutamente niente nel frattempo.
Non ho progetti in caldo e non mi sto occupando di niente di nuovo nell'ambito food.
O almeno non in senso stretto.
Sono solo stata occupata a mettere la pagnotta nel forno.
Per dirla alla gastrofighettese.

E lo dico solamente perché magari c'è qualche sponsor all'ascolto al quale poter vendere il c**o per qualche gadget gratis.
Tipo magari un trio ultraleggero modernissimo fighissimo che tanto non comprerò mai dato che sono contro gli sprechi e il consumismo e andrò solamente di roba riciclata.
O magari qualcuno che voglia farmi testare dei pannolini lavabili.
Che quelli ovviamente li prenderei nuovi.
O un lettino montessorriano.
Per dire.

Insomma, che il mondo del marketing lo sappia, sto per entrare in un nuovo target.
Ma non diventerò un fottutomommyblog.

A meno che non mi venga richiesto, ovviamente.

E comunque che io non stia più cucinando mi pare chiaro.
E qui vado in loop con le prime righe.

Il massimo che mi permetto di fare è prendere della roba dal frigo, come dei pomodori ben maturi cetrioli mollicci peperoni in avanzo pane secco cipolla aglio e così via, buttarla nel frullatore con del ghiaccio, aceto balsamico, olio, sale e pepe per poi arenarmi sul divano

domenica 26 maggio 2013

Gnocchi Indiani di ceci


Ingredienti per 4 persone:

100 g di farina di ceci
una cipolla media
un peperoncino verde
due cucchiai di zenzero grattugiato
un cucchiaio di foglie di coriandolo tritate (o prezzemolo che si ok so che non è la stessa cosa ma piutost che nient l'è mei piutost)
un cucchiaio di sale
mezzo cucchiaino di semi di ajowan (sostituibili con timo secco - vedi sopra)
un quarto di cucchiaino di bicarbonato di sodio
125 ml acqua
olio per friggere

Per la salsa di yogurt:
due cucchiai di farina di ceci
250 g di yogurt bianco
un cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di curcuma macinata
750 ml di acqua
due cucchiai d'olio
mezzo cucchiaino di curry
mezzo cucchiaino di semi di senape nera
tre peperoncini secchi
mezzo cucchiaino di semi di cumino
un quarto di cucchiaino di semi di fieno greco (si può omettere)

Mh. Proprio bello cucinare Indiano.
Si parte leggendo la ricetta con la lista di ingredienti lunga quanto le litanie, che assume pure la stessa cadenza, tipo: farina di ceci celo, yogurt celo, peperoncino celo, foglie di curry nuncelo, fieno greco prega per noi, aceto di cocco nuncelo, assafetida nuncelo, ajowan nuncelo, foglie di banano nucelo, okra nuncelo, olio di senape nucelo, semi di nigella pregate per noi, tamarindo nuncelo, zucchero di palma nuncelo.
E se non ci si addormenta, si continua poi iniziando a sostituire a caso gli ingredienti irreperibili con quelli reperibili tipo il solito curry (posso rivederti già stasera ma tuuu non pensaaare male adesso, ancora il solito curryyyy...), del coriandolo in polvere, del prezzemolo, della polvere di cumino, dello zenzero in polvere, del limone e dei misti spezie che si hanno lì da far fuori. E si finisce con l'avere un piatto, ok buonissimo, ma che ha lo stesso sapore del Tajine o dello Zighinì che hai cucinato il mese scorso.
Però oh, fare ricette indiane mi piace un casino.

E questi gnocchi di ceci sono veramente simpatici e hanno pure degli ingredienti relativamente semplici.
E non fatevi spaventare dal fatto siano fritti perchè di olio ne assorbono davvero poco.
Forse. Forse sì o forse no. Io intanto lo dico e mi lavo le mani e la coscienza.
E poi suvvia, non siate paranoici, che tanto il riso bianco e lo yogurt purificano tutto.
Ma poi oh, se per caso qualcuno volesse provare a bollirli al posto che friggerli, mi faccia sapere com'è andata che così aggiorno il post, che qui non è che posso fare tutto io.
Tra l'altro sono simpatici pure per il fatto che ad uno pare di mangiare un primo mentre in realtà sta mangiando solo dei legumi. 
Perchè sappiatelo tutti, i legumi sono un secondo. 
Non una verdura. 
E manco un contorno.
E piantatela di fare quelle facce lì quando vi dico che per cena ho mangiato dei fagioli.
Da soli. Con delle verdure a parte.
Senza tonno senza chili senza pasta e senza cotechino.
Perchè guardate che non è mica strano.
Perchè pure gli angeli mangiano fagioli.

Per preparare questa piatto unico travestito da primo, iniziate per prima cosa a preparare la salsa allo yogurt:
frustate con un gatto a nove code la farina di ceci, il curry e la curcuma insieme allo yogurt poi mettete il tutto in una casseruola. Aggiungete l'acqua e fate sobbollire per una mezz'ora mescolando ogni tanto.
In una padella saltate i semi di senape, il fieno greco, il cumino e il peperoncino spezzettato fino a quando inizierete a sentirne il profumo.
Levateli dal fuoco ed aggiungeteli alla salsa.
Tritate la cipolla e il peperoncino verde (privato dei semi) finemente, mescolateli agli altri ingredienti ed aggiungete acqua fino ad ottenere una pasta appiccicosa.
Con le mani bagnate formate dei gnocchi grandi quanto un boccone (definizione scientifica) e friggeteli in olio bollente per pochi minuti fino a quando saranno ben dorati.
Scolateli su carta assorbente e buttateli nella salsa.
Fate sobbollire per altri tre minuti poi servite insieme a riso basmati bianco.
Che, se non vi ricordate come si fa, o guardate qui, oppure cuocetelo in rapporto 1:2 con l'acqua.
Del tipo: fate bollire due tazze d'acqua con un pizzico di sale, versateci una tazza di riso, avendo cura di usare la stessa che sennò non funziona mica, coprite col coperchio e fate cuocere fino a completo assorbimento. 
Spegnete il fuoco, fate riposare qualche minuto coperto e poi se volete fare i fighi aggiungete una noce di ghee. O, per i comuni mortali, burro.

E il coriandolo? Chiederete voi. 
Eh, tritatelo e spargetecelo sopra. Non vedete la foto??


domenica 31 marzo 2013

Un ingrediente per due: le ulive schiacciate



Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi.
E infatti io son qui.
Dopo le pulizie e prima di ammazzarmi di cioccolato.
E al posto che propinarvi la solita colomba, parleremo invece di ulive schiacciate, tipica ricetta Calabrese.
Che non c'entrano niente con la Pasqua, ma ci piacciono tanto.
Quest'oggi sarò breve, che mi sono già sforzata troppo con la scheda.
Anche se per fortuna il grosso è stato fatto da....da? Come lo chiamiamo?? Il Lui, il Commensale, il Comandante Amigo son già stati presi, quindi a me cosa rimane???!
La Povera Cavia.
Ecco, bene. La Povera Cavia ci piace (almeno a me, a lui forse un po' meno. Lui inteso come lui e non come Lui ovviamente, anche se possiamo sempre chiederglielo).
Ecco, dicevamo appunto che la Povera Cavia, essendo Altoatesino, si è occupato della scheda.
Ed ora io, per non rubarvi altro tempo prezioso, ve la lascerò leggere.

(Scherzo, in realtà è tardi, ho il timpanu in forno (altra tipica ricetta Calabrese dei giorni di festa, piatto light e leggero come solo quelli Calabresi sono rinomati di essere, composto da bucatini conditi con sugo di soppressata, uova sode, uova sbattute per tenere insieme il tutto, polpettine di maiale fritte e fette di provola, il tutto stratificato con intervalli di parmigiano reggiano e cotto in forno. 
E se credete che questo sia il piatto unico di oggi vi sbagliate, perché Pasqua non sarebbe Pasqua senza uova sode e lattughino di antipasto, un po' di agnello al forno con patate e un pezzo di colomba con la crema. Ma d'altronde è o non è giorno di festa?? Il resto dell'anno, a parte la Vigilia Natale Santo Stefano l'Epifania il mio compleanno le feste comandate le domeniche i compleanni di amici e parenti il 1 maggio il 25 aprile ferragosto tutti i santi tutti i morti, sono a dieta, quindi fanculo, oggi dovrò pur mangiare come si deve. Vorrete mica mi lasci morire di fame vero?).

Ecco quindi la scheda delle ulive schiacciate:

"L’ulivo, o olivo, è una pianta millenaria originaria dell’Oriente. 
E’ una pianta da frutto sempreverde che vive in climi temperati e a non più di 800 mt di altitudine, poichè teme le gelate. 
Inizia a fruttificare verso il 3-4° anno di età, diventa pienamente produttiva verso il 10° ma raggiunge la maturità solo dopo il 50° (come succede un po’ anche agli uomini, intesi come genere maschile) 

Nel mondo esistono oltre mille cultivar d’olivo riconosciute ed almeno 500 sono presenti in Italia. 
Queste varietà si possono dividere in tre gruppi principali:

- da olio 
- da mensa 
- duplice attitudine 

Le cultivar da olio producono frutti di una dimensione medio piccola e con una resa più elevata mentre quelle da mensa producono olive più grandi e più polpose e quindi più adatte al consumo diretto. 
Quelle a duplice attitudine invece sono come il nero: vanno bene con tutto. 

Le olive nascono in estate, quando la maggior parte dei fiori d’ulivo sono caduti e sono rimasti sui rami solo i pochi fecondati. 
Crescono in autunno e in base alle temperature e alle piogge, lo fanno tanto o poco o il giusto. 
Se il clima è troppo secco l’uliva rimarrà piccina, con poco olio all’interno. 
Se il clima è troppo umido l’uliva assorbirà troppa acqua ed avrà comunque poco olio all’interno. 
Un po’ come dire che qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai. 
Ma se invece il tempo sarà giusto, non troppo caldo e non troppo freddo, non troppo umido né troppo secco, le ulive saranno perfette. 

E da metà ottobre, quando inizieranno a cambiare colore e a maturare, partirà la raccolta, che potrà protrarsi fino a dicembre, sempre a seconda del tempo. 
Per le ulive da tavola classiche si usano quelle ancora totalmente verdi, mentre il momento ideale per raccogliere quelle da olio è quando il frutto è un po’ verde e un po’ viola, ovvero quando è maturo ma non troppo, perché altrimenti una maturazione eccessiva darà un olio con un’acidità troppo alta. 
Quelle invece che si mangiano completamente nere sono quelle raccolte a fine maturazione. 

Man mano che le olive verranno raccolte con i vari metodi (il migliore rimane ancora quello manuale, che permette un totale controllo dei tempi di maturazione), il raccolto verrà portato al frantoio per produrre l’olio, oppure verrà trasformato per il consumo diretto. 
E chi di voi ha provato ad assaggiare un’oliva direttamente dalla pianta sa quanto queste necessitino, prima di essere gustate come si deve, di una forte deamarizzazione. 

In questa occasione ci occupiamo solo di una tipica lavorazione e trasformazione Calabrese ovvero: le ulive schiacciate (in dialetto ammaccate). 
Questo lungo e laborioso processo inizia ad ottobre con la raccolte delle ulive quando sono ancora verdi. 
Una volta raccolte, le ulive vengono poi prese una per una e gli viene tolto il nocciolo (ùasso, in dialetto). 
Un tempo questo lavoro veniva fatto con una pietra di fiume tondeggiante mentre oggi si usa un semplice batticarne (anche se qualcuno continua ad utilizzare il metodo tradizionale). 
Le ulive schiacciate vengono poi messe in un recipiente pieno d’acqua e limone. 
L’acqua servirà a far perdere loro l’amaro mentre il limone servirà a mantenerle verdi non facendole ossidare. 
E da qui per una volta al giorno, per almeno 15 giorni, le ulive dovranno essere scolate e l’acqua cambiata. 
Una volta perso l’amaro, si potranno finalmente invasare molto ben pressate, in vasi sterilizzati insieme a sale, aglio e finocchietto selvatico e si potranno gustare dopo una decina di giorni di riposo."


E ora qui di seguito la mia ricetta e qui invece quella di Serena:



Ingredienti per 6 cestini:



6 cucchiai abbondanti di parmigiano grattugiato
500 gr di yogurt bianco intero (o 300 gr di caprino)
la buccia grattugiata di due arance
un pizzico di pepe rosa
qualche uliva schiacciata

Qualche ora prima di preparare i cestini mettete lo yogurt in un telo pulito ed appoggiatelo su di un colino o un colapasta per fargli perdere l'acqua (anche il giorno prima).
Quando sarà sufficientemente sodo, tipo del caprino, (ma se state usando il caprino questa info non vale) mischiateci la buccia grattugiata delle arance.
In una padella antiaderente ben calda versate un cucchiaio di formaggio grattugiato per ogni cestino. Quando sarà bello sciolto e i bordi inizieranno a dorare, levate la padella dal fuoco ed aspettate un paio di minuti che inizino ad intiepidirsi le cialde. Tiratene poi su una alla volta ed appoggiatela su di un bicchierino rovesciato (tipo quelli da liquore).
Dategli un po' di forma con le mani e se serve impilateci sopra un altro bicchiere.
Fate raffreddare e, se non vi servono subito, conservateli in frigo in un contenitore ermetico.
Se invece ve li volete magnare subito, con una sac a poche squizzateci dentro una noce di yogurt denso, appoggiateci un'uliva e sparpagliateci un po' di pepe rosa.
Tenete conto che con il passare delle ore la cialda si smolla, quindi farcitela poco prima di servire.

Ah, ovviamente, tanti cari auguri di Buona Pasqua a tutti voi.

mercoledì 27 marzo 2013

La fideuà vegetariana


Ingredienti per una fideuà per 2 persone:

200 gr di spaghetti spezzettati in pezzi circa 3 cm
una manciata di fave fresche
qualche fiore di broccolo
qualche fiore di cavolfiore
qualche foglia di catalogna
mezza cipolla piccola
4/5 pomodori secchi
1 litro circa di brodo vegetale
un mazzetto di prezzemolo
olio extravergine
sale

La ricetta da fare questo mese per l'MTC, proposta dalla nostra bella Catalana, è la fideuà, che altro non è che una sorta di paella tarocca con degli spaghetti al posto del riso.
Ricetta molto simpatica che ci porta dritti dritti al mare della Spagna.

Ma attenzione perchè qui, a differenza del cuoco che la inventò, non siamo nella cambusa di una nave ma a terra.
E più precisamente nella casa del pescatore Pierangelo (e vi avviso, se non conoscete questa hit del momento non capirete una cippa di quanto segue. Anche se dai, ma CHI non la conosce??? Vi dico solo che io ce l'ho fissa nella playlist dell'ipod ed è il mio pezzo forte quando canto sotto la doccia, facendo pure le voci diverse. Ecco. L'ho detto.) che ora è in mare e getta le sue reti cantando delle canzoni e sperando nella buona pesca mentre tira forte e bestemmia anche un po' intanto che onde giganti lo sollevano.

Ma dato che il mare non gli ha mai dato tanto, nemmeno dopo lunghi giorni, nelle reti c'è ancora poco pesce e lui, essendo un po' incazzato, a questo punto non sa nemmeno se ritornare a casa perchè tanto la moglie, vestita di nero che sfina anche se è un colore un po' triste, nel mentre se la sta spassando col tizio che le ha regalato una rosa rossa malaspina.

Ma diciamocelo, la moglie non è del tutto cattiva e in fondo in fondo si sta già pentendo del tradimento e sta già pregando il suo Signore di dirlo lui al mare di farlo tornare.
E' solo stata indotta in tentazione della Raffaella che, passandola a trovare per farle gli auguri di buon compleanno, le ha detto che il suo corpo bianco e profumato è una moquette e che è tanto bello far l'amore da Trieste in giù.
E dato che qui siamo in Catalogna, parecchio più giù, le ha prospettato fuochi d'artificio. E lei porella c'è cascata.

Però ormai è ora di cena e i pesci, sempre arrivino, al massimo se li prenderà tutti in faccia e non ne rimarranno di certo per cucinare.
Quindi l'unica alternativa, a quest'ora, rimane quella di fare una fideuà vegetariana con le verdure dell'orto.
Aprendo l'uscio (?!) si è quindi trovato: qualche fava, qualche foglia di catalogna, per stare in tema, del cavolfiore viola, che ha dato quel bel colore di trasù de ciucc a tutto il resto, del broccolo, una manciata di pomodori secchi e mi pare basta.
Tutto è stato sbattuto insieme ed ecco il nostro piatto.

Ammetto che descrizione e foto non gli rendono giustizia ed è davvero un peccato perchè era veramente ma veramente buono. Credeteci. Credeteci?

E a parte qualche piccolo inconveniente con la padella la preparazione è filata liscia.
Dai, ammettiamolo, quelle bellissime paellere che vendono in Spagna sono come i mattoni nei pacchi da noi, con la differenza che almeno le padelle le puoi tenere in esposizione.
Io son rimasta doppiamente ciulata perchè non ne ho comprata una sola, bensì due.
Anche perchè sennò avrei scritto triplamente ciulata.
Una è quella della foto, diametro 30 cm circa. La seconda è diametro 50.
A cui poi ho dovuto costruire una stanza apposita per riporla insieme alla padella a saltare da 40 cm.
Che però almeno uso.
Ecco, per me quella di Hello Kitty dell'edicola funziona meglio. Ma non lo dico per esperienza, giuro.
Io in queste qui che ho, ogni volta che ho provato a cucinarci mi è venuta una merda.
Sono talmente sottili, in acciaio, con una conduzione del calore talmente pessima (pesserrima?) che la roba al centro scuoce e il resto rimane crudo.
Immaginate quindi quanto siano state gustose le mie paelle finora.

Stavolta ho voluto ritentarci, con quella piccola e con uno spargifiamma di quasi lo stesso diametro.
Un filo meglio ma ancora non mi ha convinto.
Senza contare il fatto che ogni volta dopo averle lavate (ogni volta...quelle due/tre in cui le ho usate) e ogni volta che ritorno e ogni volta che viene giorno, ci trovo la ruggine.
Machecazzo. Ma sono l'unica a cui hanno venduto padelle in acciaio ossidabile?? Che poi, l'acciaio non dovrebbe essere inossidabile per natura??
C'è da dire però che di sicuro nei prossimi esami del sangue mi troveranno i livelli del ferro perfetti. 
O magari del tetano.

Allora, partiamo col brodo. Recentemente ho provato a fare il dado vegetale a crudo e ho scoperto l'America. Anche se cercavo le Indie.
La ricetta la vidi tempo fa sul blog Beccaccini e Caccamus che purtroppo però ora è chiuso. Non so se per ferie o meno. (Estate, se mi leggi, ma perchè??!!! Pecchè?!! Era bellissimo!!!)
E poi l'ho rivista simile su Cucina Naturale. E così l'ho provato.
Ed è facile, veloce e buono. E' nel mio frigorifero da almeno due settimane e non è ancora andato a male. Quindi insomma, un po' dura. A livello temporale.
Per prepararlo basta frullare insieme un tot di verdure e aromi misti (io faccio stesso peso di carote, sedano e cipolla) con il 40% di sale. Poi va infilato in in un vasetto e tenuto in frigo.
Ecco, con un paio di cucchiai di sta pappina ho preparato il mio brodo.

Per la salsa di accompagnamento, che non è propriamente una salsa ma più un olio aromatizzato, ho frullato il prezzemolo con l'olio e poi l'ho filtrato.
Ho buttato l'olio e ho tenuto il prezzemolo.
Muhahah. No dai scherzo, è il contrario.

A dir la verità io c'ho provato a far l'aioli. Ma dopo cinque minuti al mortaio stavo diventando isterica e così ho frullato tutto. Ecco. Non ha funzionato. Forse perchè l'ho guardata troppo.

Poi per la fidueà invece ho preso la padella, ci ho messo l'olio e ho tostato la pasta.
Poi ho tolto la pasta e ci ho soffritto la cipolla.
Poi ho tolto la cipolla e ci ho saltato le fave.
Poi ho tolto le fave e ci ho saltato la catalogna.
Poi ho tolto la catalogna e ci ho saltato i cavoli.
Poi ho tolto i cavoli e ci ho saltato i pomodori secchi.
Poi non ci capivo più una mazza e così ho rimesso tutto insieme, ho coperto col brodo, ci ho messo il coperchio e me ne sono andata.

Con questa ricetta partecipo all'MTC di marzo



giovedì 21 giugno 2012

Polpettine di ceci neri e melanzane con ketchup smart



Ingredienti per circa 30 polpettine:
2 melanzane medie
200 gr di ceci neri secchi
buccia e succo di mezzo limone
curcuma
zenzero fresco o in polvere
paprika dolce
sale
sesamo
olio extravergine 

Per il simil-ketchup velocissimo:
8 cucchiai di concentrato di pomodoro
2 cucchiai di aceto balsamico
2 cucchiai di zucchero di canna
sale 

"La cucina per me non è solo un luogo. E' un luogo di culto.
Mi ci reco ogni giorno. Ci compio dei rituali. Ci faccio delle adorazioni. 
E ci prego. 
Soprattutto quando in forno ho un soufflè. 
Quando invece ho gente a cena posso anche arrivare a compiere delle danze propiziatorie. 
La cucina è anche un amica. A volte più facile da gestire. 
Non ribatte quando le urli addosso. 
Non si lamenta quando la sporchi con il sugo. 
Non grida quando le rovesci addosso il caffè bollente. 
Non ti denuncia quando la pesti con un batticarne. 
Non si offende se la trascuri e ti ascolta sempre in silenzio senza interromperti.
E poi la cucina è il mio rifugio. 
Da piccola lo era la tenda degli indiani fatta con un lenzuolo appeso ad un albero in giardino. 
Poi lo è diventato la mia cameretta con il cartello "keep away" sulla porta. 
E poi crescendo lo è diventato la cucina. 
Che da quando non vivo più sola dev'esser rigorosamente abitabile per necessità di sopravvivenza. 
La mia.
La mia cucina ora è il nido in cui posso rifugiarmi quando ho bisogno di decomprimermi. 
E' il mio laboratorio in cui posso far confluire le mie energie e la mia creatività. 
Ma è anche, e soprattutto, il luogo in cui posso solo stare ferma. 
Seduta in silenzio sullo sgabello. 
A guardare fuori dalla finestra. 
Mentre aspetto che cuociano i biscotti. 
Senza bisogno di fare nient'altro." 

Questo microracconto lo trovate anche sul blog della LUBE, che gentilmente mi ha chiesto se volevo dedicargli una ricetta e parlare un po' del mio rapporto con la cucina, cosa che ho fatto volentierissimo.

Per preparare invece queste ottime polpettine procedete come segue:
mettete in ammollo i ceci e lessateli come da istruzioni (i miei necessitavano 2 giorni di ammollo e 2 ore di cottura).
Due. Giorni. Sì. Avete letto bene. Pratici, comodi e veloci. 
Ai 4salti in padella gli fanno una pippa.
Cioè praticamente devi decidere cosa mangiare con tre giorni di anticipo e sperare non capitino contrattempi perchè se poi qualcuno nel frattempo ti invita a cena sei fottuta.
No guarda scusami ma ho i ceci in ammollo, mi spiace, magari la prossima volta avvisami con un po' più di anticipo, ok??! Grazie. 
E tra l'altro non so nemmeno come io sia riuscita a non dimenticarmene. Io. Che non mi ricordo manco cos'ho mangiato ieri.
Cioè, in realtà lo so, dato mi son dovuta mettere il promemoria sul cellulare alla scadenza dei due gironi. Perchè per esperienza già la mattina dopo davanti alla ciotola dell'ammollo sarei rimasta lì inebetita a pensare da quanto tempo fosse lì.
Uhm. Ma da dove arrivano questi ceci? Ma li ho messi io? Ma ieri o l'altro ieri? No forse due giorni fa. O forse ieri mattina?? Ma non è che è uno scherzo? Mumble mumble.
Per questa ricetta ovviamente potete usare pure quelli gialli, che secondo me hanno lo stesso identico sapore.
Ah, anche quelli in scatola volendo. Al massimo dopo andate a confessarvi.
Procedete lavando le melanzane. Bucherellatele con una forchetta per evitare esplodano nel forno e cuocetele a 200 gradi per una ventina di minuti fino a quando saranno morbide.
Taglietele a metà, prelevate la polpa con un cucchiaio e mettetela in una ciotola.
Aggiungeteci i ceci lessati e tutte le spezie.
Frullate il tutto con un minipimer.
Formate con le mani inumidite delle polpettine della grandezza di una polpettina (chiaro no?) e rotolatele nei semi di sesamo.
Disponetele in una teglia foderata con la carta da forno. 
Irroratele con un filo di olio extravergine e cuocetele a 200 gradi per circa 10 minuti.
Per il simil-ketchup mettete in un pentolino il concentrato di pomodoro. Aggiungeteci l'aceto, lo zucchero e un pizzico di sale. Fate bollire per un paio di minuti.
Fatelo raffreddare e servitelo come accompagnamento alle polpettine.

Con questa ricetta sana, veloce, leggera, speziata e vegana partecipo al contest di VerdeCardamomo "La Ricetta del benessere".